Interviste
sentire la musica come una necessità imprescindibile, un bisogno essenziale dell’essere umano,
qualcosa che fa la differenza fra il sopravvivere ed il vivere veramente.
Con Chiara Bertoglio, pianista e musicologa torinese, inauguriamo Professione Musicista, un nuovo progetto di EduMus dedicato ai giovani studenti e, naturalmente, a tutti gli appassionati. Una serie di interviste e conversazioni con musicisti di professione, uomini e donne che hanno fatto della passione per la musica una ragione di vita. Ci racconteranno come vivono la musica quotidianamente, come hanno affrontato i momenti difficili e cosa sognano per il futuro... Mettersi in ascolto è il modo più semplice che abbiamo per imparare...
Nome: Chiara Bertoglio
Età: 31
Professione: pianista, musicologa, docente
E' ancora possibile la professione del Musicista in Italia? In altre parole si può vivere di musica oggi?
Cominciamo con una domanda facile… Direi: sì, si può, ma è difficilissimo. E non tutto dipende dal talento o dall’impegno che si è profuso nello studio. Manca una sensibilità istituzionale, la capacità di attrarre figure di spicco anche a livello di docenza, e manca il sentire la musica come una necessità imprescindibile, un bisogno essenziale dell’essere umano, qualcosa che fa la differenza fra il sopravvivere ed il vivere veramente. A monte del chiedersi se si può fare musica professionalmente in Italia, bisognerebbe interrogarsi sul perché si fa pochissima musica a livello amatoriale, si ascolta poca musica di valore, non si parla di musica se non fra specialisti… Senza un ambiente favorevole, nemmeno i più grandi geni avrebbero potuto fiorire.
Hai viaggiato molto, studiando anche all'estero e suonando nelle più importanti sale da concerto. Hai notato differenze nel modo di concepire la professione del musicista?
Indubbiamente sì: devo dire che spesso all’estero mi stupisco per delle cose che altrove vengono considerate normali. L’alfabetizzazione musicale, per esempio: ricordo una classe normalissima, di un liceo non musicale in Germania in cui si analizzava il Lux aeterna di Ligeti… Oppure l’attenzione all’accoglienza del concertista, curata nei dettagli, per cui ci si rende conto del fatto che non solo il musicista ha un ruolo sociale stimato, ma soprattutto che gli si è grati perché svolge una missione di cui si sente il bisogno.
Ti è mai capitato di dire “sono una Musicista” e sentirti chiedere “e di lavoro cosa fai?”
Ah, sì, certamente… e più di una volta! Credo sia capitato a tutti… e sicuramente non è molto lusinghiero!
Come si traduce nel quotidiano la professione del Musicista? Come sono le tue giornate?
Sicuramente… senza routine! Lo studio per i concerti si svolge in parte al pianoforte ed in parte nel silenzio, in camera mia, in treno o camminando. A seconda dei momenti, poi, l’attività musicologica prende una percentuale maggiore o minore del mio tempo, e lo stesso accade alle attività di docenza. Cerco comunque di ritagliarmi uno spazio per la spiritualità, per l’incontro con Dio, per le relazioni umane, e per le esperienze culturali, artistiche e personali senza le quali non avrei nulla da esprimere con la mia musica (e sarei una persona meno felice!).
Hai cominciato a suonare da piccolissima, ma quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua vita?
In parte fin da piccola, mi sembrava naturale; tuttavia, anche alla fine del liceo c’è stato un momento di scelta importante, perché dovevo decidere se intraprendere un corso di studi universitari che mi avrebbe impedito di continuare a livello professionale con la musica oppure no. Ho scelto la musica… e la musicologia!
Qual è stato l'ostacolo più difficile da superare per arrivare fin qui?
Forse il rendermi conto che la musica non è un mezzo per l’autoaffermazione, ma un servizio da offrire. Un ostacolo interiore, per così dire; eppure se non avessi preso realmente coscienza di questa realtà non avrebbe senso essere musicista.
Hai mai pensato di intraprendere una strada diversa?
Sì: in parte, come ho detto, dopo la maturità scientifica; in parte in altri momenti, magari un po’ duri e difficili. Diciamo che, in diverse situazioni, elementi che sono tuttora importanti (se non fondamentali) nella mia vita si sono posti in apparente alternativa alla musica; ho poi capito che tutto ciò che fa veramente parte di noi non può escludere le altre componenti, altrimenti saremmo esseri umani incompleti.
Cosa faresti se non fossi una musicista?
Volevo iscrivermi a fisica, ma non so se ce l’avrei fatta: mio fratello riesce ad essere un ottimo fisico ed un ottimo violinista, ma io probabilmente non ci sarei riuscita. Forse mi sarebbe piaciuto essere una ricercatrice in ambito letterario.
Come definiresti il tuo rapporto con gli insegnanti che hai avuto?
Arricchenti, sempre e comunque. A volte più appaganti, a volte più difficili; a volte ero troppo piccola, o troppo presuntuosa, o troppo sicura di me stessa per apprendere tutto ciò che avrebbero potuto darmi. Ma di ciascuno di loro conservo un ricordo grato, affettuoso, riconoscente. E di tutti loro riconosco aspetti della tecnica e della concezione musicale, sia nel mio modo di suonare attuale, sia nel mio modo di insegnare, in cui mi capita di cogliere “frasi celebri” che alcuni di loro mi hanno detto in vari momenti della mia vita.
Qual è stato il ruolo della tua famiglia nel tuo percorso di studi?
Fondamentale: i miei genitori mi hanno sempre incoraggiata, sostenuta ed aiutata in tutti i modi, anche con notevoli sacrifici economici, di tempo, di impegno e di passione. È grazie a loro se faccio musica e la amo: anche se nessuno dei due è musicista, hanno entrambi una sensibilità musicale fuori dal comune, ed una capacità di lasciarsi “toccare” dalla musica nel profondo. A mio fratello, violinista, devo tante bellissime “scoperte” musicali, la gioia di splendide collaborazioni artistiche, e l’avermi guidata a vedere la musica anche nel suo aspetto umoristico e scanzonato.
Hai un sito web, un profilo facebook e un blog. Essere “connessa” è per te più un piacere o una necessità professionale?
Entrambe le cose. Cerco però di essere molto sincera in ciò che scrivo, perché non mi piace cercare di avere un’immagine “virtuale” diversa dalla realtà. E nulla può sostituire il rapporto umano a tu per tu, anche se – onestamente – devo ad internet alcune delle amicizie più belle, importanti e profonde della mia vita. Sicuramente cerco di limitarmi nel non consultare freneticamente i social network e nel darmi un tempo limitato per utilizzarli, altrimenti non sarebbe possibile concentrarsi nello studio o nella ricerca.
Lo spartito che non può mancare nella tua valigia?
La Passione secondo Matteo di Bach. Con il tablet, per fortuna, riesco a portarmela in giro veramente sempre!
Il tuo “compositore del cuore”?
Johann Sebastian Bach. Lo considero il più grande di sempre, ma anche alla stregua di un carissimo amico, qualcuno che sa cosa dire al più profondo di me, e ha sempre la “parola” giusta al momento giusto.
Uno strumento preferito oltre il pianoforte?
Il violoncello. Ho l’impressione che quasi tutti i pianisti siano violoncellisti mancati, a sentire il successo che il violoncello ha fra i miei colleghi!
Cosa consigli a chi decide di intraprendere la carriera del Musicista?
Di non pensarci come ad una carriera. Innanzi tutto perché gli imprevisti e gli elementi imponderabili o apparentemente casuali sono troppi, e si rischia di rimanere frustrati, delusi o depressi dalle alterne vicende della vita. Ma anche e soprattutto perché la musica, come le persone, come le amicizie, non può diventare un mezzo per diventare famosi. E tanta umiltà, tanta pazienza, tanta voglia di mettersi in ascolto (della musica, ma anche delle persone, della vita, degli incontri…).
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Tanti… forse troppi! Alcuni un po’ segreti, come un libro piuttosto impegnativo che spero di ultimare prossimamente, un altro che è allo stadio di appunti, ed un progetto concertistico/discografico veramente top-secret! Tra quelli “rivelabili”, invece, la registrazione di un programma musicale che sto suonando in giro in questo periodo, dedicato a Bach e l’Italia.
Puoi anticiparci qualche data per il 2015?
Come dicevo, questo programma (che ho soprannominato, tra me e me, “Italia-Germania 4:3”, ma… non ditelo a nessuno!) che ho già suonato su e giù per l’Italia avrà altre tappe, tra cui Cardiff in Galles. Ci sarà poi Washington a marzo, poco prima di un concerto dedicato a musica e matematica qui a Torino, ed un impegno interessante in Inghilterra in luglio.
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