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di Paola Anselmi
"Educare i bambini non significa farli uscire dallo stato di vuoto musicale
in cui si suppone essi si trovino, per portarli a un determinato livello di
competenza, al contrario significa sviluppare una attività ludica già
presente in loro……… riscoprendo il senso di una reale "non
direttività"……esiste in ogni bambino una tendenza e noi
in definitiva la rispettiamo, la rispettiamo e la incoraggiamo*."
Francois Delalande così scriveva nel 1984, e nel suo scritto possiamo
riconoscere il nodo centrale di questa nuova pedagogia della musica dedicata
alla primissima infanzia, che getta le sue radici nella Music Learning Theory*
di Edwin E. Gordon, ricercatore statunitense. Abbandonata definitivamente la
teoria della "tabula rasa", che vedeva il bambino come una scatola
vuota da riempire, peraltro con grande ingerenza delle aspettative degli adulti
che si occupavano della sua educazione, la nuova pedagogia riconosce il neonato
come un individuo ricco e "straordinariamente sofisticato*", che possiede
in se' fin dalla nascita, tra le altre, una forte attitudine musicale: se opportunamente
sollecitata e stimolata può guidare il bambino, ogni bambino, verso l'apprendimento
del linguaggio musicale; se ignorata o mal sollecitata tenderà a calare
rapidamente. D'altronde è un dato di fatto ormai consolidato che la finestra
di apprendimento più importante è proprio quella che va dalla
nascita ai tre anni, finestra a lungo trascurata nella educazione musicale tradizionale.
Le ricerche condotte nell'ambito dell'apprendimento musicale confluite nella
Music Learning Theory e in nuove correnti della pedagogia musicale per la primissima
infanzia, la cui principale esponente si può riconoscere in Beth M. Bolton,
hanno così evidenziato l'importanza di iniziare il processo di educazione
alla musica fin dai primi mesi di vita, con modalità che rispecchiano
il processo di apprendimento del linguaggio verbale e che vanno a strutturarsi
in un vero e proprio metodo didattico.
L'apprendimento del linguaggio verbale rappresenta a tutt'oggi uno dei processi
più naturali e spontanei per ogni bambino: esposto sin dai primi giorni
di vita a sollecitazioni verbali, immerso in ambienti densi di linguaggio verbale,
il bambino comincia a costruire il proprio vocabolario personale. Un vocabolario
tanto più ampio, quanto più saranno state ampie, varie e corrette
le sollecitazioni offerte; tanto più facile l'apprendimento se alle sollecitazioni
sono seguiti forti spazi di silenzio, che danno la possibilità al bambino
di elaborare tutte le informazioni raccolte. I maggiori artefici di questi stimoli
sono nella prima fase della vita, i genitori e le persone più affettivamente
legate al bambino: egli riconosce in mezzo a molti altri suoni e rumori il suono
della lingua madre, così come riconosce la voce della mamma in mezzo
a molte altre voci.
Come in qualsiasi processo di apprendimento risulta fondamentale quanto naturale
una lunga fase iniziale di ascolto: il bambino sta assorbendo le informazioni,
le sta elaborando con l'obiettivo di "uscire allo scoperto" quando
si sentirà pronto a farlo: nessuno quando parla con lui o accanto a lui
in maniera anche sintatticamente complessa o utilizzando vocaboli difficili
si aspetta che il bambino "comprenda concettualmente" o risponda immediatamente
allo stimolo, ma piuttosto si rimane sempre incredibilmente affascinati e sorpresi
nel seguire il cammino di apprendimento linguistico di ogni bambino, cammino
che attraversa più fasi: da un lungo periodo di assorbimento alla lallazione
spontanea, dalla scelta di interagire con semplici paroli o contrazioni di esse
che focalizzano una intera frase (che spesso solo le mamme capiscono) alla costruzione
di frasi vere e proprie, fino alla capacità di esprimere attraverso il
linguaggio concetti, idee, bisogni, emozioni, forti dell'ampiezza del vocabolario
che ogni bambino ha costruito dentro di se'.
A questo proposito è bene sottolineare come frequentemente nella consueta
didattica per bambini, laddove i bambini "fanno musica" in gruppi,
la tendenza è sempre stata quella di chiedere a tutto il gruppo di fare
qualcosa nello stesso momento; stiamo ignorando due aspetti fondamentali: la
forte differenza di risposta ad una stessa proposta o sollecitazione da parte
di ciascun bambino e le tendenze personali di ciascun bambino. Se io ti chiedo
di fare mi aspetto che tu faccia, ho creato una aspettativa; se voglio guidare
il bambino, che significa accompagnarlo per mano a scoprire e esprimere le sue
tendenze personali musicali, non posso creare nessuna "mia " aspettativa,
ma semplicemente offrire delle proposte; la risposta di ciascun bambino mi "insegnera
ad insegnargli", a capire quale la strada migliore per facilitare l'apprendimento
di un linguaggio.
Non a caso nella metodologia di cui trattiamo si parla di "guida informale"
almeno nelle prime fasi del percorso di apprendimento in cui accompagniamo il
bambino: all'interno delle classi gli insegnanti propongono dei modelli e aspettano
che ciascun bambino si relazioni alla proposta secondo le proprie personalissime
modalità.
Nello stesso modo in cui ogni bambino viene linguisticamente esposto a stimoli
differenti, varietà, ripetizione e complessità delle proposte
daranno al piccolo individuo la possibilità di costruire un proprio vocabolario
musicale che gli permetterà di apprendere il linguaggio e utilizzarlo
come straordinaria opportunità di espressione e comunicazione.
Purtroppo nella tradizione culturale del nostro paese il panorama degli stimoli
musicali per bambini risulta assai povero. I repertori a loro dedicati (canzoncine,
filastrocche, ninne nanne….) contengono quasi esclusivamente melodie in
modo maggiore (raramente in minore) e in metro binario: come se agli enormi
passi della ricerca in campo psico-pedagogico non fosse seguito un opportuno
aggiornamento del repertorio musicale dedicato alla prima infanzia. Tutto è
ancora basato sull'idea che le musiche per bambini devono essere semplici: mi
chiedo perché visto che il nostro intento, così come nel linguaggio
verbale, non è quello di far loro ripetere qualcosa, ma di assicurare
loro un ventaglio ampio di conoscenze che contribuisca a paralleli percorsi
educativi e di apprendimento.
Oltretutto la quasi nulla differenziazione ritmica e tonale fa si che il bambino
non riesca a vivere uno dei passi fondamentali dell'apprendimento: imparare
dalle differenze. Tanti più stimoli diversi avrà l'opportunità
di ascoltare e sperimentare tanto più affinerà la sua capacità
discriminatoria, avendo a disposizione la possibilità di mettere in relazione
parametri diversi e così distinguerli con precisione.
La sollecitazione dei bambini con ampia varietà di modi e metri viene
applicata in queste nuove teorie, come accennato prima, attraverso la presentazione
di "modelli". Gli insegnanti agiscono come dei "genitori musicali"
all'interno delle classi, cantando, recitando ritmi e muovendosi in modo fluente
in un atmosfera di grande comunicazione. Ai bambini non viene chiesto di fare
nulla, ma semplicemente di "essere" e di "sentire". Durante
gli incontri vengono utilizzate melodie in vari modi (maggiore, minore, dorico,
misolidio, lidio, frigio, locrio, multitonale) e vari metri regolari e irregolari.
In una prima fase di acculturamento le proposte tonali sono melodie senza parole,
così come le proposte ritmiche sono sequenze recitate con sillabe neutre.
Inizialmente infatti la presenza delle parole distoglie il bambino dall'evento
melodico o ritmico, concentrandolo su quello che è il suo linguaggio
più familiare, quello verbale (quanti dei nostri figli tornano dal nido
o dalla scuola materna canticchiando canzoni perfettamente mandate a memoria
ma prive di qualunque "movimento" musicale). Per questo l'applicazione
del testo avviene quando il bambino ha già guadagnato in consapevolezza
e in familiarità con le melodie e i ritmi proposti. Di fondamentale importanza
anche la varietà degli stili (va bene lo stile jazzistico come quello
melodico) e la varietà dei timbri vocali; tutto eseguito con grande espressione:
i bambini molto piccoli, non ancora in grado di comprendere concettualmente
il significato di ciò che gli viene detto, comprendono invece l'intonazione
della voce che gli parla, e da quella intonazione avvertono se il messaggio
che gli è rivolto è positivo o negativo.
Alla varietà e complessità delle proposte si affianca "prepotentemente"
l'uso del movimento. La prima vera risposta del bambino alla musica è
attraverso il movimento: è molto frequente nei bambini molto piccoli
che per lungo periodo la loro interazione musicale con gli adulti sia quasi
esclusivamente vissuta attravero il corpo. I neonati tendono a fermare completamente
l'attività fisica durante le proposte per poi riprendere vita negli spazi
di silenzio che seguono alle attività e tendono a rispondere al ritmo
molto più con movimenti del corpo che con vocalizzi o lallazioni.
A proposito di movimento Gordon ha reinterpretato e compreso nella M.L.T la
teoria sul movimento messa a punto negli anni '70 da Rudolf Laban, coreografo
e danzatore, che comprende quattro elementi fondamentali del movimento legati
alle fasi di crescita del bambino: il movimento fluente (caratteristico dei
neonati), il peso (quando il bambino comincia a sedersi o rotolare, quando acquisisce
abbastanza autonomia corporea da cambiare posizione da solo), lo spazio (la
capacità di spostarsi nello spazio che lo circonda), il tempo (raggiunta
una sicura autonomia di spostamento la capacità di decidere "l'andamento");
la fase finale di acquisizione di questi 4 elementi porta alla consapevolezza
del movimento fluente con pulsazioni: significa aver compreso cosa divide una
pulsazione dall'altra, lo spazio che intercorre tra le pulsazioni, il vero fluire
del tempo.
Ho già accennato precedentemente all'importanza del silenzio come momento
focale di elaborazione e quindi di apprendimento: Gordon sostiene (ed io sono
assolutamente d'accordo) che proprio in quello spazio di silenzio si attua il
processo che va verso la consapevolezza musicale, definita in lingua originale
"audiation". Potremmo tradurla in italiano come "pensiero musicale"
ovvero la capacità del bambino di sentire dentro di sé il suono
anche se non fisicamente presente nell'ambiente. Di fatto, sempre mantenendosi
collegati al linguaggio verbale "il pensiero sta alla parola come l'audiation
sta alla musica" e noi guidiamo i bambini a pensare musicalmente e ad esprimersi
secondo un proprio vocabolario così come vengono guidati fin dalla nascita
a pensare per poi esprimersi verbalmente.
Questo significa dare l'opportunità a ciascun bambino di approdare ad
una istruzione formale musicale (dallo studio di uno strumento a qualunque altra
esperienza che implichi una formalizzazione) già consapevole del significato
di eventi fondamentali melodici e ritmici. D'altronde quando un bambino approda
alla Scuola elementare (quindi all'istruzione scolastica "formale")
già ben conosce il significato di parole, frasi, periodi che imparerà
a leggere e a scrivere.
Durante il percorso che viene definito di "audiation preparatoria",
ogni bambino attraversa più fasi: dall'assorbimento all'interazione casuale
e intenzionale; gli insegnanti si relazionano al bambino prendendo e imitando
le sue risposte e riportandole nel modo e nel metro in cui era stata proposta
l'attività (come dare al bambino che storpia la parola il termine corretto).
Questo rinforza molto anche la sicurezza di ogni bambino che si sente a suo
agio nello spazio che gli è riservato in quella classe, in armonica convivenza
con lo spazio di tutti gli altri.
A poco a poco i bambini cominciano a dare risposte corrette musicalmente o a
proporre piccole frasi improvvisate fino al raggiunimento di una buona coordinazione
tra respiro, movimento intonazione e ritmo e danno vita a vere e proprie conversazioni
musicali con gli insegnanti Siamo all'ultima fase dell'audiation preparatoria:
Assimilazione. Il bambino esprime consapevolmente; non sta imitando l'insegnante
ma sta esprimendo in maniera corretta competenze che gli appartengono.
Il raggiungimento di uno stadio di consapevolezza prescinde dall'età
anagrafica del bambino: si parla di età musicale e non di età
anagrafica; tanto prima un neonato sarà stato esposto al fenomeno musicale,
tanto prima raggiungerà un buon grado di consapevolezza musicale.
Di fondamentale importanza risulta in tutto questo la presenza degli adulti
nelle classi (genitori o educatrici negli asili nido), che potenziano e rafforzano
i modelli degli insegnanti, aiutando i bambini a fidarsi di loro.
Ormai da 5 anni ho cominciato a lavorare negli Asili nido, dove questa esperienza
entrata in punta di piedi ha incontrato a poco a poco la fiducia e l'entusiasmo
delle Istituzioni oltre che dei gruppi educativi; proprio nelle classi degli
Asili nido si vivono le esperienze più ricche e si trova la conferma
di quanto il coinvolgimento delle educatrici determini la crescita musicale
e globale di tutti i bambini: spesso attraverso questa esperienza si riescono
a trovare le chiavi di accesso anche ai bambini più problematici.
In chiusura posso solo aggiungere che il mio intento e quello di tutti gli insegnanti
che lavorano con me è semplicemente regalare ai bambini una possibilità
espressiva e comunicativa in più; accompagnarli ad aggiungere un tassello
a quello straordinario mosaico che ogni bambino rappresenta.
Paola Anselmi (coordinatrice della rete nazionale di musica in culla) paolanselmi@tin.it www.musicainculla.it
*Francois Delalande, La musica è un gioco da bambini, 1984 Parigi, FrancoAngeli
editore
*Edwin E. Gordon, A Music Learning Theory for Newborn and Young Children, 1997
Chicago, GIA Publications
*Asha Phillips, I no che aiutano a crescere, 1999 Milano, Feltrinelli
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