Recensioni
AA. VV., Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione n.123: Musica
e scuola rapporto 2008. Trimestrale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca, Le Monnier, pp.193, Firenze 2009
Contenuti
Se c’è un campo in cui si può parlare di continuità
tra i ministri della Pubblica Istruzione italiani è proprio quello della
musica a scuola. L’impianto generale concepito dalla Grande Riforma del
2000 dell’allora ministro Berlinguer sembra essere rimasto integro anche
nell’attuale Ministero,
anzi sembra addirittura in crescita, ovviamente in rapporto a quella che è
la situazione generale del dimensionamento scolastico. Il merito di ciò
va innanzitutto agli operatori che portano quotidianamente l’esperienza
musicale a scuola, alle associazioni professionali ma anche ad iniziative come
quella riportata nel volume Musica e scuola-rapporto 2008 uscito nel n.123 degli
STUDI E DOCUMENTI degli Annali della Pubblica Istruzione il Trimestrale del
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Il testo che fornisce un completo monitoraggio della realtà musicale
nella scuola italiana, punto di partenza imprescindibile per pensare ad un qualsiasi
sviluppo futuro della musica a scuola. riporta dettagliatamente i risultati
di un’indagine conoscitiva sullo stato della pratica musicale nelle scuole
italiane compiuta nell’autunno del 2007 ad opera del «Comitato per
l’apprendimento della musica pratica per tutti gli studenti». Il
contenuto del lavoro comprende una puntuale e completa “Presentazione”
di Luigi Berlinguer, preludio alla trattazione del contesto dell’indagine
che comincia con un’analisi legislativa sulla presenza della musica nella
scuola di Sergio Scala e una descrizione in cui vengono messe in rassegna tutte
le fasi del progetto di Gemma Fiocchetta. Seguono in modo alterno due saggi
di Roberto Neulichedl, e due saggi di Mario Piatti. Neulichedl si sofferma sul
“Fare musica” e sugli spazi , attrezzature e strutture riportando
i risultati per quanto riguarda la sfera operative e le condizioni dei luoghi
fisici del far musica a scuola. Nei suoi due saggi Piatti analizza invece il
coinvolgimento degli alunni dei vari ordini e gradi di scuola nelle diverse
regioni italiane e poi esamina il problema della formazione e dell’aggiornamento
degli operatori coinvolti. Ancora Gemma Fiocchetta scende nell’analisi
degli specifici contesti organizzativi, Rolando Meconi tratta della gestione
delle risorse economiche. Infine un suggestivo e metaforico “concerto”
di Stefano Quaglia mette in campo quelle che sono le prospettive future mentre
Andrea Turco espone i dati tecnici dell’impostazione informatica dell’indagine.
Dall’indagine risulta che ai questionari ha risposto il 76% delle scuole
e l’esistenza nelle scuole di ben 5.891 “postazioni” musicali.
I dati riportati sono un “contributo significativo, perché, al di
là delle cifre, viene presentata con questa indagine una realtà
viva e dinamica, poco conosciuta sia negli ambienti musicali che in quelli scolastici”,
scrive Berlinguer, anche se più avanti avverte che i dati vanno letti
in modo critico e tenendo conto di alcuni possibili fraintendimenti terminologici
nelle risultanze dell’indagine (laboratorio musicale, quote orarie settimanali
ecc.). Dallo specifico dei saggi emergono tratti di sorprendente interesse,
ad esempio quando Neulichedl ci informa della grande vivacità della musica
nella realtà siciliana e della grande preferenza degli studenti italiani
per la musica etnica e folclorica, dato su cui c’è molto da riflettere.
Anche Piatti ci fornisce un consolante dato quando scrive “Il 52% degli
alunni delle scuole italiane sono coinvolti in attività di educazione
musicale. Questo dato non sembra differenziarsi in modo considerevole tra regione
e regione”. Un dato significativo se si pensa che comunque molto è
in mano al facoltativo, al volontariato e all’extracurriculare, il passo
successivo per la piena realizzazione del «Progetto musica nella scuola»
resta dunque la curricularizzazione di questa variopinta e “variosuonata”
realtà scolastica italiana. In primo luogo dovrebbero essere le stesse
scuole, attraverso gli organi collegiali, a riflettere sui dati riportati nel
volume. Tuttavia, di riflesso, dovrebbe essere il mondo accademico a fare tesoro
della preziosa realtà musicale della scuola italiana che emerge dal libro,
al fine di creare sempre più connessione tra ricerca scientifica e prassi
didattica, cosa di cui si sta prendendo coscienza anche se lentamente. Il volume
dovrebbe essere perciò fruito nelle classi di abilitazione musicali sia
del Conservatorio che dell’Università, anche perché si configura
come una riflessione generale sugli interventi legislativi a scuola in campo
musicale e non solo. Per l’insegnate di musica sarà un momento
di verifica del proprio percorso individuale e per l’operatore musicale
esterno il volume rappresenta un modello su come affrontare un monitoraggio
sulle realtà musicali anche territoriali.
Francesco Stumpo- Docente di Musica
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