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di Francesco Bellomi
da "ScuolAmadeus" di aprile 2000
Quando si pensa all'esame di ammissione che, nei Conservatori di musica viene utilizzato per selezionare i candidati, vengono subito in mente le bocciature famose: Giuseppe Verdi, tanto per fare un nome. Per fortuna si tratta di eccezioni. Lo scopo dell'esame di ammissione è quello di verificare nell'aspirante musicista le attitudini musicali al fine di formulare una graduatoria di merito. Il Conservatorio è a numero chiuso. In anni passati non era infrequente esaminare centinaia di candidati che chiedevano di accedere a tre o quattro posti di pianoforte o di chitarra. In questi ultimi anni le proporzioni numeriche, come vedremo, sono cambiate ma la questione è rimasta sostanzialmente la stessa.
Ministoria degli esami di ammissione
Facciamo un salto indietro nel tempo: al 1918. Il "Decreto Luogotenenziale 5 maggio 1918 n°1852" ci dice: "Possono essere ammessi negli istituti di musica e di arte drammatica tutti coloro che, mostrando di possedere le disposizioni naturali necessarie ad una buona riuscita negli studi musicali o drammatici e di avere l'attitudine fisica ad un dato corso tecnico, si trovino nei limiti di età fissati dall'articolo seguente e abbiano una istruzione letteraria adeguata all'anno di corso, in cui chiedono la iscrizione." E aggiunge: "L'ammissione degli alunni non diventa definitiva se non dopo un periodo di esperimento, che non può essere inferiore a tre mesi né superiore a due anni". Vengono dati anche dei limiti di età che però vengono ritoccati e meglio specificati nel 1930.
Sugli esami di ammissione dice molte cose interessanti e soprattutto ancora in vigore. Ad esempio l'art. 5 dice: "Per l'ammissione al primo anno del primo periodo di ciascuna scuola [in pratica per chi comincia da zero lo studio dello strumento] è necessario essere in possesso del titolo di promozione alla 5° elementare"(!) Non solo, ma si è trovato il modo di far accedere allo studio in conservatorio anche bambini ancora iscritti alle scuole elementari. Più avanti vedremo come e perché. La stessa legge riporta una "Tabella indicativa delle condizioni di età e di cultura richieste per l'ammissione". L’età minima varia dai nove per pianoforte violino e altri, ai 12 di composizione. La massima è di 13 anni per il violino e 22 per il corso superiore di composizione. Per il canto l'età minima è sedici anni per le donne e diciotto anni per gli uomini. La massima è venticinque anni per le donne e ventisei anni per gli uomini.
Nei recenti decenni il bisogno forte è stato quello di sfondare il limite minimo di età. La convinzione che uno studio musicale intrapreso in tenerissima età (cinque o sei anni) potesse portare a risultati artistici assai rilevanti è stata fatta propria da molte commissioni e talvolta accettata in modo un po' troppo acritico. Dati statistici sul successo o l'insuccesso musicale di alunni che hanno intrapreso giovanissimi l'iter di studi non sono noti. Sono ben note solo le vistose conferme dei grandi solisti del momento: quasi già occupati con la musica a partire dai quattro, cinque o sei anni. Ma l'interrogativo su quale sia l'età migliore per iniziare uno studio professionale della musica, tale è infatti la tipologia dello studio negli attuali conservatori, andrebbe considerato molto attentamente alla luce di varie e articolate ricerche.
E’ attendibile l'esame di ammissione?
Viceversa i dati statistici sulle percentuali di fallimento nell'iter di
studi presentano dei dati un poco deprimenti. Ogni centro iscritti (cioè persone che
hanno superato l'esame di ammissione) mediamente solo quattro arrivano al diploma
conclusivo. La gran parte degli abbandoni avviene proprio nei primi anni di studio. Un
simile dato sembrerebbe mettere molto in discussione l'attendibilità dell'esame di
ammissione. Tuttavia la complessità del compito forse può essere usata come
giustificazione per simili risultati. Ma in sostanza che cosa deve valutare una
commissione in un giovane aspirante?
Sono almeno quattro: le abilità percettive, le abilità motorie, le attitudini
strumentali, la motivazione. Se l'aspirante è già in grado di suonare l'esame è tutto
sommato molto più semplice: il candidato suona, la commissione ascolta e, se ci sono
sufficienti elementi di giudizio è tutto finito. Molto più delicata è la situazione di
quei candidati che non sanno ancora suonare alcuno strumento. Ogni conservatorio ha in
questo caso attivato proprie strategie di valutazione.
Molti insegnanti di strumento cercano anche, in tutti i modi di verificare il grado di motivazione. E' l'elemento più difficile da valutare e più sfuggente. Chi ci garantisce che un bambino che sembra enormemente desideroso di imparare a suonare a sette anni mantenga poi lo stesso grado di motivazione a undici o dodici o 18 anni? Allo stesso tempo la motivazione è forse l'elemento di gran lunga più importante nella determinazione del successo o dell'insuccesso scolastico. Come riuscire a costruire delle prove oggettive? Qualche anno fa faceva scalpore la notizia di una agenzia milanese che per selezionare il personale da assumere proponeva agli aspiranti una prova molto particolare: camminare sui carboni ardenti a piedi nudi. Se la prova non serviva a determinare il quoziente di intelligenza serviva probabilmente a valutare il grado di motivazione verso quel particolare lavoro. Nessuno, mi auguro, chiederà ai bambini di camminare sui carboni ardenti. Nel periodo di prova, l'insegnante ha tutto il tempo per valutare la tenuta nel tempo dei livelli di motivazione.
Come si vede l'iter di studi in conservatorio ha tutti gli ingredienti di una corsa ad ostacoli. La selezione, naturale e non, è molto forte, e questo è dovuto sostanzialmente al fatto che l'obiettivo fondamentale dell'insegnamento di conservatorio è stato per decenni la formazione del concertista. Un obiettivo molto alto e, negli ultimi tempi, sempre più difficile da raggiungere. La situazione generale si sta però evolvendo. Sono nati corsi, all'interno del conservatorio, dove l'obiettivo è diventato piuttosto la formazione del buon insegnante: Canto ramo didattico, Musica Corale e Direzione di Coro (il cui obiettivo era quello di formare gli insegnanti di musica e canto nelle scuole magistrali oggi scomparse) e ultima arrivata Didattica della Musica. Ma queste sono ancora situazioni particolari all'interno della normale struttura di un conservatorio e, anche ammesso che, attraverso opportune sperimentazioni, ogni strumento si desse la possibilità di fare un diploma di tipo didattico, il conservatorio arriverebbe ancora una volta troppo tardi. La situazione dell'insegnamento musicale in Italia è ben oltre il livello di saturazione. La beffa degli ultimi concorsi a cattedre per l'insegnamento di Educazione Musicale nella scuola secondaria, prima banditi e poi ritirati frettolosamente all'ultimo momento per mancanza di posti disponibili, ne è una contro prova schiacciante. Bisognerebbe giocare di anticipo puntando a quelle che sembrano le professioni musicali del futuro: tecnico del suono, arrangiatore, DJ, ecc. Ma la situazione interna ai conservatori è semplicemente inamovibile: non c'è una reale autonomia didattica, le sperimentazioni devono essere approvate dal ministero, un ministero che brilla per aver bocciato, in anni passati, decine di sperimentazioni perché "non erano in linea con altre sperimentazioni già avviate", la classe docente è particolarmente restia ad aperture verso generi non colti ed a riconversioni professionali dell'ultima ora. Eppure la mobilità professionale sembra la parola d'ordine di tutte le riforme forse anche di quella, sofferta e in lista d'attesa da cinquant'anni, dei conservatori.
Il caso del Conservatorio di Milano
Dal 1997, al Conservatorio "G. Verdi" di Milano, l'esame di ammissione è strutturato in tre prove. Vediamole nei dettagli.
La prima prova utilizza il famoso test di Arnold Bentley intitolato L'abilità musicale nei bambini e la sua valutazione pubblicato anche in traduzione italiana da Ricordi-Morano. E' un test che misura con notevole attendibilità le capacità percettive e si articola su quattro punti: discriminazione delle altezze, riconoscimento di motivi, percezione di suoni simultanei (accordi), riconoscimento di ritmi. A causa della sua complessità, richiede al candidato la compilazione di un questionario a risposta chiusa con ben sessanta domande, non viene utilizzato con bambini al di sotto degli otto anni che non hanno ancora sufficienti abilità di lettura e scrittura.
Per valutare le abilità motorie è stata messa a punto la seconda prova che si svolge come una specie di gioco. Nell'ultima sessione di esami qualche candidato molto giovane si è ripresentato più volte alla prova per ripetere il gioco che evidentemente gli era piaciuto molto. I bambini, a piccoli gruppi di cinque o sei, vengono invitati a imitare o a "rispondere" a un insegnante che propone loro una serie di gesti e di ritmi, utilizzando gli strumenti dello strumentario didattico e in qualche caso anche la voce. Degli osservatori valutano la precisione e la pertinenza delle risposte. In realtà attraverso l'osservazione delle risposte è possibile cogliere non solo la qualità del coordinamento motorio ma anche la capacità di memoria a breve termine, di concentrazione, le strategie comunicative, ecc. In sostanza qualche piccolo indizio sulla motivazione.
I risultati delle prime due prove vengono comunicati agli insegnanti di strumento che svolgono la terza prova. E' quella che serve a valutare le attitudini fisiche allo studio di un certo strumento: la conformazione del labbro, della dentatura, delle mani, la statura, ecc. a seconda dello strumento prescelto. Visto da fuori potrebbe far sorridere pensare che è necessario mostrare i denti per sapere se non ci sono controindicazioni allo studio dell'oboe o del clarinetto. Ma è necessario pensare in prospettiva all'enorme carico di lavoro muscolare che comporta lo studio professionale di uno strumento. Una posizione scorretta, o una conformazione fisica non adeguata potrebbero alla lunga produrre delle vere e proprie patologie.
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