Recensioni
Davide Sparti, Il corpo sonoro. Oralità e scrittura nel jazz, Brossura pp. 220, Il Mulino 2007, EAN: 9788815119292
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"Ho ascoltato il mio lavoro almeno una volta: quando l'ho scritto".
Questa affermazione di Arnold Schonberg illustra bene la sua idea che l'esecutore
servasolo a rendere la musica comprensibile per un pubblico tanto sfortunato
da essere incapace di leggere le note a vista. In una simile prospettiva ogni
esecuzione è una forma di corruzione rispetto all'ideale purezza dell'opera
in sé. Come è emersa questa coincidenza fra partitura testuale
e "vera" musica? E con quali conseguenze? Come è stato possibile
che un caso limite di forma musicale, l'opera scritta, sia arrivato a costituire
il paradigma con cui si pensa la musica in generale? Secondo
Sparti, la tradizione europea, diversamente da quella di origine africana, non
ha saputo cogliere nell'eccitazione di quella massa vibrante che è il
corpo umano la fonte primaria dell'espressività musicale. Il jazz, nel
quale opera ed esecutore coincidono, fa ascoltare una musica corporea "suonata"
da pelle, bocca, lingua, labbra, braccia, torace, mani. Il jazzista valorizza
così la funzione più nuda del linguaggio: "respiro sonoro
che esce dalla carne".
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