Condividi su Facebook

News

Dalla storiografia musicale alla didattica: un passaggio problematico


di Massimo Di Sandro

Quando si parla di didattica della storia della musica è il caso di chiedersi se, come per la lunga tradizione di studi teorici sulla storiografia musicale, sono ancora i concetti di comprensione storica e di spiegazione storica al centro dell'interesse, o non piuttosto quelli di ricezione e di uso. Se si accetta questa seconda finalità lo statuto di un corso di storia della musica per didattica cambia radicalmente, in quanto attualizzare gli oggetti del passato richiede sì la loro conoscenza storica, ma sposta decisamente l'attenzione su ciò che la storiografia di solito non studia: come quegli oggetti funzionano oggi, per noi.

Nello stabilire le modalità dell'insegnamento scolastico bisogna decidere se si vuole privilegiare il sapere concettuale (appunto la coscienza storica e la spiegazione storica) o la capacità di risposta estetica alla musica del passato, dato che si tratta di due competenze assai diverse. La mia impressione è che si è generalmente portati a sottovalutare, nella scuola, i rischi di una troppo facile identificazione dello studio della musica del passato con lo studio storico tout court. Il rischio maggiore, per usare le parole di Adorno, è quello di trascinare "l'arte al livello di ciò di cui dovrebbe essere per principio l'antitesi. (...) Il rapporto tra arte e realtà empirica è complesso, ma chi non avverte affatto la distanza che le separa non potrà nemmeno accorgersi di questa complessità".

Se è vero che il modello della musical appreciation, contro cui si scagliava Adorno negli anni '40-'50, è ormai tramontato in ambito scientifico - anche se è duro a morire nella realtà quotidiana -, considerare la musica soprattutto come contributo alla definizione di un'epoca storica, confondendo il piano estetico con quello empirico, pone seri problemi all'insegnamento. In modo assai significatico l'inadeguatezza pedagogica di un metodo storiografico, lo storicismo, diviene la misura della sua inefficacia sul piano prettamente teorico.

Dato che lo storico della musica intende spiegare il rapporto tra musica e contesto, il risultato quasi naturale della divulgazione del sapere storico è fornire un quadro di corrispondenze tra determinati oggetti sonori (le opere) e determinate pratiche, funzioni, luoghi, ideologie, ecc.: in sostanza mettere in parallelo categorie stilistiche e categorie storiche in modo da far comprendere il principio che ogni epoca presenta una configurazione diversa di quegli elementi, e che ad un diverso stile si accompagna un diverso contesto.

Il procedimento, nelle sue linee generali, è quello dell'inquadramento in "contesti più ampi" (Wach), descritto anche dall'autore di uno dei più diffusi manuali di storia della musica, D. J. Grout, in un saggio del '68 intitolato Current Historiography and music history. La "spiegazione storica" per Grout coincide con l'individuazione di un contesto stilistico ("historical style-concept"). Individuato uno stile se ne osserva la sua estensione sul piano storico ("a definite segment of time and space").

"Questo tipo di spiegazione è anche globale [configurational] in quanto mostra le connessioni tra una data opera o un gruppo di opere e il contemporaneo contesto sia nella sua relativamente autonoma sfera musicale sia in altre, non musicali."

Lo stile musicale può essere messo a confronto con gli stili letterari, la filosofia, allargando il contesto fino alla "total culture of the time", che è dominata da leggi generali ("covering laws").

Il debito di Grout verso lo storicismo è evidente. Secondo lo storicismo bisogna individuare nella musica gli elementi che evocano aspetti precisi di una civiltà, traducendone il contenuto estetico sul piano storico-culturale. Si può dire che le "covering laws" di Grout sostituiscono il termine kultur, inteso come "cultura" e in generale "civiltà", tipico della storiografia tedesca della fine dell''800.

Nei Fondamenti di storiografia musicale Dahlhaus critica lo storicismo non solo per la sua impostazione individualistica - una forte corrente storicistica, la "storia dell'arte senza nomi" (come la chiama Hauser), incentra il discorso su norme stilistiche astratte; in modo più preoccupante secondo Dahlhaus lo storicismo tende a considerare la comunicazione estetica alla stregua della comunicazione ordinaria, e quindi a considerare la musica come documento ideologico e programmatico.

Prendiamo un caso concreto dalla Storia della musica in Occidente di Grout. Lo stile classico è visto come corrispettivo dell'Illuminismo. L'assunto è infatti il seguente: "Esamineremo qui gli effetti di questa tendenza individualistica nelle arti [il fine ultimo dell'Illuminismo è il benessere individuale], e in particolare nella musica", scoprendo gli "intenti generali che sembrano aver diretto, più o meno le menti e dei compositori e del pubblico". Questi "intenti" sono di natura ideologica, essenzialmente filosofica e politica.

C'è quindi un rispecchiamento immediato, un "illuminarsi reciproco" (come diceva lo storico Walzel) tra idea e significato musicale:

Filosofia del sentimento
|
dea di "uomo naturale"
|
Poetica musicale naturalistica (imitazione del linguaggio naturale
dell'uomo e della logica dell'anima)
|
Musica del periodo Classico

Il senso musicale deriva da quello ideologico, è quello ideologico. L'analisi formale non fa altro che confermarlo a posteriori:
1) prevalenza della melodia sul basso (ora semplice sostegno) = libertà dell'individuo;
2) periodicità e chiarezza dell'articolazione = comprensibilità al posto dell'artificiosità precedente;
3) varietà e dinamica tonale = sentimento al posto della retorica precedente.

L'origine del significato musicale sta nell'influsso del contesto sugli intenti del compositore attraverso l'ideologia, per cui l'ascoltatore, per cos" dire, "ascolta" per mezzo della musica classica la filosofia del naturalismo:

ideologia-> [autore->musica]->ascoltatore

Il metodo dei "contesti più ampi", a prescindere dai limiti che ha mostrato in sede di teoria della storiografia musicale, porta inevitabilmente a proporre, nella scuola, una comprensione documentaria della musica. L'obiettivo è far acquisire il senso dell'evoluzione storica, il senso del mutamento storico. Ma, al di la delle buone intenzioni, il risultato rischia di diventare un tipo di storia per "epoche" riprodotta in piccolo, in cui ogni volta lo "spirito del tempo" condiziona l'approccio uditivo del ragazzo.

Sfuggire all'astrattezza della kultur, con una micro-storia, una storia che parte fenomeni circostanziati e delimitati, anche "materiali", o una storia che parte dal "basso", cioè da strati sociali poco rappresentati e visibili, non serve ad evitare la sostanziale indistinzione tra musica e fonte documentaria. Anche il principio della storia "strutturale", certamente valido come metodo di lavoro, di per sé non risolve il passaggio problematico dalla storia all'arte, dalla realtà empirica alla musica. Non a caso per Dahlhaus (ma anche per buona parte della musicologia tedesca e della music theory anglosassone), negli anni che sono seguiti ai Fondamenti la risposta più adeguata allo storicismo è sembrata essere l'indagine psicologica sull'ascolto musicale, dato che è l'ascolto il luogo dove effettivamente avviene il "passaggio" dalla musica alla storia e viceversa.

In conclusione, cercare di riprodurre a scuola, per la musica, un sapere nomologico e classificatorio porta inevitabilmente ad impostare il lavoro didattico nei termini di una ricerca documentaria, anche se sapientemente localizzata. Voler concentrare tutto sull'allargamento dei contesti porta ad una traduzione dello schema storicistico in chiave divulgativa: il ragazzo ascolta attraverso la musica un pezzo di storia, o di "cultura". Questo può produrre il certamente nobile risultato di stimolare una ricerca più profonda, il "saperne di più", ma subordina l'ascolto all'acquisizione di categorie definitorie e manca un obiettivo più importante: sviluppare le capacità di risposta estetica, o, per ritornare ad Adorno, insegnare a "pensare con le orecchie".

2016 © Edumus.com è proprietà di Export Digitale Srl - Sede legale e operativa: Via L. de Libero, 8 - 04022 Fondi (LT) -
P.IVA, C.F. e CCIAA di Latina IT02851780599 - Cap. Soc. 10.000€ i.v. - REA: LT-204311

--