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Filippo Sugar e la \"sua\" Siae: \"Uno strumento che permetta agli artisti di dare il meglio\"

Parla il neopresidente della Società italiana autori e editori, il più giovane che abbia mai avuto. Imprenditore e figlio d\'arte, il suo obiettivo è tutelare la creatività. \"Pagare non è una tassa, serve a rendere più giusta la vita degli autori\"

Parla il neopresidente della Società italiana autori e editori, il più giovane che abbia mai avuto. Imprenditore e figlio d\'arte, il suo obiettivo è tutelare la creatività. \

di Ernesto Assante

La Siae ha un nuovo Presidente, Filippo Sugar, 43 anni, il più giovane presidente che la Società italiana autori e editori abbia mai avuto. Prende il posto di Gino Paoli, dimessosi qualche settimana fa. Arriva come protagonista di una grande campagna da lui sostenuta per lo svecchiamento e la razionalizzazione della Siae. Presidente di Sugar Music dal 1997, Filippo Sugar è stato da sempre un imprenditore vicino ai suoi artisti, operando nel solco di una tradizione editoriale impostata più di ottant'anni fa dal nonno Ladislao e proseguita dal padre, Piero, e dalla madre, Caterina Caselli. La Sugar Music ha avuto risultati eccezionali come il successo mondiale di Andrea Bocelli e quello di artisti del calibro di Negramaro, Malika Ayane, Raphael Gualazzi, Elisa fino al vincitore dell'ultimo festival di Sanremo nella sezione giovani, Giovanni Caccamo e a moltissimi altri progetti anche legati al cinema e alla televisione. Dal 2003 Filippo rappresenta Sugar Music spa e le società del gruppo nell'assemblea degli associati SIAE. In questo ruolo si è battuto per una governance della società composta al 100% da autori e editori e ha condotto una grande battaglia per il rilancio della società con l'obiettivo di ottimizzarne l'efficienza, avviare il necessario processo di trasparenza e innovazione tecnologica, consolidare la difesa del diritto di autore e renderla competitiva con le altre collecting europee.

Partiamo da una domanda semplice. Chi glielo ha fatto fare di prendersi un impegno come questo?
"È un impegno che in realtà ho preso da tempo. Giovedì, quando sono stato votato, ho iniziato il mio discorso ricordando le persone, tante delle quali non ci sono più, con cui ho combattuto in questi anni una lunga battaglia, il cui obiettivo era riconquistare la possibilità di autonomia dalla politica, una precondizione per poterla cambiare, migliorarla e portarla al passo con i tempi. La mia esperienza in azienda mi ha fatto confrontare con il mercato, mi ha aiutato a capire meglio che una realtà come la Siae o si cambia o a un certo punto rischia di diventare talmente lontana dalla realtà con cui ci confrontiamo tutti i giorni, che rischiamo di perderla. E il rischio di perdere una casa comune autorevole, importante, forte, in un paese come il nostro che non ha una sensibilità culturale spiccata come altri paesi, è un rischio molto serio per tutti quelli che si occupano di arte e creatività. Sarebbe un impoverimento fortissimo, dal quale non ci si riprenderebbe più. È un impegno che ho preso da molti anni, una battaglia che ho sempre portato avanti con la consapevolezza che sarebbe stata lunga e faticosa, ma anche che era una battaglia giusta".

Data la sua esperienza nella discografia, e soprattutto per il fatto che è un presidente ben più giovane rispetto ai suoi predecessori, sa bene che la sua elezione creerà molte aspettative.
"Io non ho un'esperienza politica ma capisco che ci sono aspettative. La mia mentalità mi porta a cercare sempre di fare del mio meglio per soddisfare le aspettative. Poi, fatto il meglio, sono in pace con la mia coscienza. È questo lo spirito che mi ha sempre guidato. È ovvio che se pensassi che non ci fossero speranze per andare avanti e migliorare non avrei accettato l'incarico ma so anche che la Siae già oggi non è più quella di un tempo. Ha imboccato la strada giusta da quattro o cinque anni, dal periodo commissariale in poi e lo sta facendo con sicurezza e energia. Ho confrontato il lavoro fatto dalla Siae con quello delle altre società di collecting europee e posso assicurare che da molti punti di vista non solo non siamo indietro, ma in alcuni casi siamo anche piu avanti degli altri. Lo statuto della Siae oggi è tra i più efficienti, moderni e semplici, tante situazioni sono migliori".

La percezione generale è che si tratti di un "carrozzone".
"A mio modo di vedere non è realistica, facciamo cose con qualità comparabile alle altre società europee e con una gestione simile. Ma è vero che abbiamo accumulato un'enorme deficit di comunicazione, che il nostro rinnovamento e miglioramento non è stato percepito come tale. Abbiamo ancora tanta strada da fare, non per arrivare ai livelli degli altri ma per essere migliori di altri, possiamo essere un campione nazionale che ha parametri vincenti".

Il primo scoglio è far percepire alla gente che i pagamenti alla Siae non sono tasse.
"La Siae ammistra diritti di altri, di autori e creativi che vivono della loro arte e della loro creatività. Basta guardare alla realtà di oggi per rendersi conto che nonostante gli autori siano l'anello principale della catena creativa, negli ultimi dieci anni abbiano vissuto una crescita esponenziale della loro precarizzazione. È ovvio che l'autore è già precario di per sé, scrive, crea, questo alle volte si trasforma in lavoro retribuito ma molto spesso no, e per fare le cose per bene un autore o un creativo ha bisogno di tempo, di crescita, la sua è insomma una vita di enorme vulnerabilità. La Siae è questo, lo strumento per rendere più equa, più giusta, la vita degli autori. Noi abbiamo il dovere di farci comprendere, rendere chiaro cosa e perché si deve pagare il lavoro degli autori".

In che modo?
"Cercheremo di comunicare meglio. Abbiamo già cominciato e a luglio lanceremo un sito dove pubblicheremo in maniera semplificata tutte le nuove tariffe, peraltro più basse di quelle che ci sono oggi. Ridurremo le fattispecie, avremo tariffe univoche su tutto il territorio nazionale e non discrezionali, incentiveremo l'uso dei meccanismi online per rendere tutto più chiaro e immediato. Pagare la Siae non è pagare un tassa, è remunerare gli autori con l'unica fonte di guadagno che loro hanno. E questo crea più ricchezza e più cultura per l'Italia, meno l'avremo più saremo un mercato per i contenuti degli altri e sarebbe una grande sconfitta per un paese come il nostro".

Che Siae sarà la sua?
"Una società che metta gli artisti in condizione di dare il meglio. Io vorrei una Siae trasparente, autorevole, che possa contribuire a sviluppare una maggiore offerta culturale per il pubblico".

Al passo con la nuova realtà?
"Noi siamo già al passo, da due anni siamo soci fondatori, con francesi e spagnoli, di Armonia, un hub di licensing europeo. Tutti i contratti più importanti nell'ambito del digitale vengono negoziati da Armonia e siglati dalle diverse società. A livello di diritto d'autore abbiamo messo insieme tre repertori che rispetto ai repertori angloamericani da soli sarebbero stati più fragili. Detto questo io sono totalmente favorevole al mercato digitale, ma so anche che non cresce a sufficienza perché è troppo concentrato. Magari ci fosse un motore di ricerca europeo, magari anche due, magari ci fosse un alternativa a YouTube. Più concorrenza significa più capacità di negoziare i diritti, quando non c'è concorrenza le proposte non sono negoziabili. Il mercato digitale deve generare maggiore concorrenza in modo che ci siano più opportunità, più mercato più opere".

Le regole del copyright andranno aggiornate ai tempi?
"Me lo ha detto cinque anni fa il Commissario Ue alla Digital Agenda, Neelie Kroes. Sono passati cinque anni e nonostante la legge sul copyright non sia stata modificata la musica oggi è disponibile in tutta Europa senza confini, non è stato necessario modificare alcunché".

Quindi il problema non è legato a regole pensate per un mondo diverso da quello di oggi.
"Il problema non è il copyright, ma creare un mercato con soggetti plurali e affermare che devono farlo licenziando il repertorio. Abbiamo una situazione in cui l'intermediario prende molto di più dei cretori e questo deve essere risolto. Ritengo che sia ora che si capisca che quello della creatività è il terzo settore che da occupazione in Europa, tanto per essere chiari il settore delle telecomunicazioni è l'ottavo e quello automobilistico il sesto. Bisogna ricordare che i creativi non sono delocalizzabili, non si può spostare Ligabue in India. Bisogna sapere che la creatività e l'arte non sono solo fonte di ricchezza e di imposte pagate localmente ma producono il dividendo dell'identità culturale di un paese. Se l'America ha la tecnologia e l'Asia la manifattura della tecnologia, noi in Europa abbiamo la creatività e i contenuti creativi sono una delle cose più forti che abbiamo. Dobbiamo porci il problema che ai creatori vada una quota maggioritaria di quelli che sono i proventi, tutto quello che abbiamo detto sul digitale che crea vantaggi non è vero per i creatori. Questo è il problema centrale da affrontare".

Fonte: www.repubblica.it

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