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Gianmaria Testa: \"Ho un tumore ma non mi fa paura, ora penso a guarire poi torno sul palco\"

Il cantante si è ritirato nella sua casa di Alba dopo aver scoperto a gennaio di avere un cancro. Ora spiega perché ha annullato tutti i concerti: \"Sono convinto di uscirne: ho una malattia che produce panico ma parlarne aiuta\"

Il cantante si è ritirato nella sua casa di Alba dopo aver scoperto a gennaio di avere un cancro. Ora spiega perché ha annullato tutti i concerti: \

di Michele Serra

PER mesi non ho detto niente perché avevo paura di rompere le scatole alla gente. Ho pudore a parlare di me. Non avevo mai messo in preventivo di diventare famoso. A parte suonare e cantare, non ho mai fatto niente per diventarlo. Ma devo prenderne atto: sono un personaggio pubblico. In molti si chiedono dove sono finito, perché non faccio più concerti. Su internet corrono le voci, si sa come è internet, dicono che sono morto, che ho avuto un ictus, che sono nascosto in una casa di cura. Sono anche affettuosi, capisco che mi cercano, che vogliono sapere di me. E alla fine mi sono reso conto che è meglio raccontare, è meglio spiegare. Ho un tumore, l'ho scoperto ai primi di gennaio. Non è operabile. Ho fatto cinque cicli di chemioterapia, il tumore si è molto ridotto. Ma i medici mi hanno detto che nei prossimi mesi devo annullare ogni altro impegno che non sia curarmi. Avere cura di me. Ed è quello che sto facendo".

Gianmaria Testa ha alle spalle trent'anni di canzoni e molte migliaia di concerti in Europa e in Nord America, più all'estero che in patria. Un successo solido, profondo, senza gli sbalzi tipici della scena pop, fatto di puro palcoscenico e di un fortissimo rapporto con un pubblico conquistato, viene da dire, persona per persona. Televisione pochissima, interviste infrequenti, un artista schivo, diffidente delle cose facili, eppure mai elitario. Disponibile all'incontro con gli altri, purché ci si possa guardare negli occhi. Ultimo concerto in ordine di tempo a New York, a Natale. Ultima intervista a Le Monde, per quel pubblico francese che è stato il primo a scoprirlo, amarlo, premiarlo.

Figlio di contadini, si è tenuto stretto il suo lavoro di ferroviere fino a una decina di anni fa. "Con la ferrovia ho smesso nel 2007. Non ce la facevo più a fare due lavori. Ero dirigente centrale operativo, dirigevo la tratta italiana della Cuneo-Nizza. Una delle ferrovie più belle del mondo. Ma lo sa solo il macchinista, che se la vede arrivare di fronte, quanto è bella quella ferrovia che entra e esce dai tunnel in mezzo all'ardesia".

Nel Cuneese è nato e vissuto ("dalla parte sbagliata del Tanaro, dove non si fa il Barolo ma l'Arneis"). Abita a Alba con la moglie Paola Farinetti, che è anche la sua puntigliosa, premurosa manager. La sosta forzata è un lungo frattempo per riflettere. Su se stesso e sugli altri. "Ho pensato a tante cose. La prima è che non ho paura. Neanche di notte, che di solito è il momento peggiore. Sono convinto di uscirne, si muore più di influenza che di tumore, ma questa è una malattia che produce panico, che neanche si nomina, e questo non serve, non aiuta. Non bisogna chiamarlo male incurabile, bisogna nominarlo. D'altra parte la vita è un percorso: da qui a lì. E questo vale per chiunque. Come tutti ho progetti in mente, ho prospettive. Ma non è che cambia il mondo, se non ce la faccio. Non cambia niente. Qualcosa ho già fatto. Mi dispiacerebbe per figli, moglie, mamma, suocera, questo sì. Ma vado per i 57, una volta era un'età da vecchi".

"Ho imparato molto su questa malattia anche prima di averla, sono andato parecchie volte a suonare per ospedali oncologici, nelle case di cura per i malati terminali, dove si fa la terapia del dolore. Sei costretto a convivere con un corpo estraneo, non sei più solo, sei in due. Ma si può reagire, si può guarire, e soprattutto si può rimanere pensanti. È così che cerco di fare io, è così che cercano di fare tante altre persone. Quando ho letto le dichiarazioni di Emma Bonino (sua conterranea , ndr) che parlava così serenamente del suo stato, che diceva "io non sono la mia malattia", l'ho ammirata moltissimo. Mi ha rafforzato nell'idea che se il mondo fosse governato da donne, staremmo meglio ".

"Mi seguono un'oncologa e un'omeopata. Ho cambiato dieta e bevo moltissima acqua. Non vado mai a guardare su internet, dove trovi tutto e il contrario di tutto, ti arrivano i consigli più inverosimili. Sui social il cervello viene usato poco. Moltissimo la pancia, e io sono stufo della pancia. Sono anni di pancia, questi qui. Nel frattempo cerco di lavorare. Scrivo per Paolo Rossi, scrivo per un giovane pittore di queste parti che si chiama Valerio Berruti e sta preparando un lavoro su Fenoglio, è una canzone sul mondo che non gira più, o gira malamente. Scopro che la musica mi ha portato dove non avrei mai nemmeno lontanamente immaginato, mi hanno mandato un farmaco da Cuba e così ho scoperto che mi conoscono anche lì. Al contrario di quello che si pensa, l'italiano aiuta. Nei primi con- certi all'estero mi chiedevo: ma come mai vengono a sentirmi in duemila, se non capiscono niente? Ma nei paesi amanti delle lirica, che sono tanti, lo considerano la lingua musicale per eccellenza. E quasi ovunque associano l'italiano a quell'idea di bellezza che incarniamo anche senza saperlo, e della quale, stupidamente, abbiamo disprezzo. Girando il mondo ho conosciuto parecchia gente che studia l'italiano senza alcun fine professionale o familiare. Lo fa solo per suo piacere. Per diletto, e in omaggio alla bellezza".

"Mi mancano i concerti, mi manca moltissimo suonare e cantare. Lo faccio piano, da solo. Di notte, così non do fastidio. Penso molto alla musica e alle canzoni, ci penso continuamente. È come se mi rendessi conto solo adesso che erano parte integrante del mio vivere. Anche prima pensavo spessissimo alle canzoni, ma quasi senza accorgermene, senza rendermene conto".
"Viaggiare, invece, non mi manca. Tutto è già qui, l'ho scoperto tardi. A Madonna del Pilone, dove sono nato, a Castiglione Falletto, dove ho abitato per tanto tempo. Guardavo i miei posti ma non li vedevo. Girare mi ha fatto capire che dove sto, c'è già praticamente tutto. L'umanità è la stessa, la terra è la stessa. L'anima delle cose è dove già sei. Ho capito di avere un rapporto molto forte con le mie radici. Penso in piemontese, molto più di prima. So contare solo in piemontese. A parte una canzone degli inizi, La ca sla colina ( la casa sulla collina), il piemontese ho poi smesso di usarlo perché per una lunga stagione i dialetti del nordsono diventati un'altra cosa".

"A tutta la gente che mi scrive, che domanda di me, vorrei dire che le sono molto grato. Che ringrazio tutti. Ma stiano tranquilli, perché io lo sono. Io sono tranquillo. Torno. Se il tempo è galantuomo, guarisco e torno".

Fonte: www.repubblica.it

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