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GLI STIPENDI EUROPEI


lettera inviata da Maurizio Disoteo a "La Repubblica"

Ho avuto modo, come insegnante e ricercatore, di conoscere diversi sistemi scolastici europei. Per questo motivo mi sembra che l'articolo di Miriam Mafai e le tabelle pubblicate a pag. 10 della Repubblica del 10 ottobre sul rapporto tra salario e impegno orario dei docenti europei siano piuttosto sommarie.

Anzitutto la cultura pedagogica italiana prevede (giustamente) una quantità maggiore, rispetto agli altri paesi, di riunioni, consigli di classe, scrutini, peraltro previsti contrattualmente e quindi obbligatori. In secondo luogo, vorrei fare presente che esistono paesi in cui le "ore" di lavoro degli insegnanti sono in realtà "periodi" di 45 o 50 minuti. Ancora, vorrei sapere se nelle tabelle pubblicate sono state contate correttamente le settimane lavorative dei diversi paesi (l'Italia è uno dei paesi con il calendario scolastico più lungo). Quanto al minore numero di alunni per classe (ma purtroppo anche l'Italia sta peggiorando questo dato), credo che ciò sia un fattore di migliore qualità della scuola, quindi un interesse generale da perseguire e non un privilegio degli insegnanti.

Tutto ciò non per sostenere che i professori italiani lavorano più o meno rispetto ai colleghi europei, ma soltanto che ogni orario di lavoro (e salario) deve essere valutato nello specifico del sistema scolastico e in relazione ai principi pedagogici di ogni paese. Quindi i ragionamenti basati solo sui numeri mi sembrano insufficienti. Infine, mi permetto di fare presente che in alcuni paesi europei è possibile detrarre dal reddito le spese per l'aggiornamento professionale.

Quanto alla valutazione degli insegnanti, se ne discute da anni senza trovare criteri validi e davvero oggettivi. In qualche sistema scolastico, per esempio, è pagato di più chi ha più allievi (in Italia gli insegnanti possono avere dai 20 ai 250/300 allievi ciascuno). E' un criterio oggettivo, ma non può essere l'unico. Proviamo a trovarne altri, ma che siano davvero quantificabili. Penso che la difficoltà di valutare il lavoro dell'insegnante sia paragonabile a quella del medico ospedaliero, che si confronta con situazioni individuali, ambientali, strutturali, molto diverse e difficilmente assimilabili. Ma, giustamente, nessuno propone una valutazione individuale dei medici ospedalieri, il cui stipendio base è stabilito in scaglioni di ruolo e anzianita, a cui si aggiungono impegni precisi e oggetivabili come le guardie notturne, i turni di pronto soccorso ecc. Non certo valutazioni soggettive come qualcuno propone per gli insegnanti. Quindi credo che sia giusto chiedere sostanziosi aumenti per tutti (per pietà, come si può chiedere a un laureato di iniziare la carriera a un milione e mezzo al mese?), senza pregiudizi su una successiva discussione riguardante la progressione di carriera, ma anche con il rispetto dovuto a una professione difficile e di così complessa valutazione.

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