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Recensioni

I. Moscati - I piccoli Mozart


Italo Moscati, I piccoli Mozart, Wolfi e Nannerel, una storia di bambini prodigio, Brossura pp. 256, Edizioni LINDAU Collana 'Le Storie', ISBN 8871805828

Wolfgang Amadeus Mozart, Wolfi, e la sorella Maria Anna, Nannerl, più grande di cinque anni, erano due bambini prodigio. Vivevano da sopravvissuti in una casa di Salisburgo da cui erano già uscite numerose piccole bare bianche. Su tutti regnava il padre Leopold, che aveva deciso che i suoi bambini sarebbero cresciuti nel culto della musica. Che lui amava intensamente e da cui si sentiva tradito. Tra quelle pareti, fredde e trascurate, la musica era allo stesso tempo il segno di un dolore acuto e la speranza dell’agognata ricchezza, oltre che occasione di riscatto sociale e personale. Leopold aveva in fretta capito che le doti che a lui erano mancate il destino le aveva riversate sui due figli. La musica gli avrebbe aperto i salotti delle più belle corti d’Europa. E lì Wolfi e Nannerl, «bambini abbigliati da adulti», avrebbero trasformato in una promessa di felicità quello che per loro restava un gioco divertente e fantastico. Fu una ininterrotta stagione di successi e difficoltà, trionfi e disagi. Fino alla drammatica frattura e alla fine dell’intenso legame.

Italo Moscati racconta da par suo il «romanzo prodigioso» di due bambini di eccezionale talento, cui la sorte riservò esistenze molto diverse, dopo l’infanzia magica vissuta insieme nella felicità della musica.

Dal libro
Scrivimi come sta il canarino. Canta sempre? Fischia sempre?
Mozart alla sorella, maggio 1770

Nannerl è alla finestra. In mano, ha la lettera del fratello Wolfgang Amadeus Mozart, detto Wolfi o Wolferl, una lettera in cui Wolfi le chiede notizie di un canarino. La luce opaca della finestra illumina il ciuffo di piume che canta e fischia. Sta bene, il pennuto, e si fa sentire.
La giovane donna è sola nella stanza. La madre Anna Maria è uscita. Leopold il padre è con Wolfi, sono in viaggio in Italia, il primo compiuto dal giovane musicista, a quattordici anni e quattro mesi, senza la sorella.
Nannerl è turbata. Quasi infastidita. Aggredita. Prigioniera. La stanza è come la gabbia dove gorgheggia il piccolo uccello, uno dei divertimenti di Wolfi. La lettera le ha rovesciato addosso in poche righe i recenti ricordi che fanno male. A diciannove anni è rimasta lì, sola, tra quattro mura a sognare.
Che cosa sognava Nannerl, mentre cercava svogliatamente di giocare con quell’esserino tutta gola, e sperava di farlo tacere infilando nel becco le uova di formica, il suo pasto? Erano visioni a occhi aperti che l’assalivano di giorno dopo averla tormentata tutta la notte, muovendo trecce di incubi inestricabili, dove tutto compariva e scompariva in un groviglio di angoscia e nostalgia.

La lettera di Wolfi portava la data del 19 maggio 1770 e veniva da Napoli. Le precedenti lettere erano state spedite da Milano e Roma. Poi ne giungeranno ancora altre da Verona, Mantova, Bologna, Firenze. L’Italia. Tutti messaggi che avvolgevano nelle belle parole, e nella descrizione delle scoperte del viaggio nel paese del sole, sottili ferite. Nannerl si sentiva male per quel che avrebbe voluto condividere, e le era stato tolto. I suoi occhi erano aperti eppure chiusi.
Com’era Napoli? Com’era quella città che aveva la fama di essere gioiosamente plebea e nobile? Era davvero immersa nel cielo e nel mare, nel fascino di un’armonia fra acqua e terra, di cui aveva ascoltato racconti indimenticabili? Questa armonia era così miracolosa da placare ogni ansia, ogni dispiacere anche il più doloroso, ogni malattia dell’anima? Domande senza risposta. A lungo.

Wolfi era partito nel dicembre 1769 e quindi era assente da cinque mesi, cinque interminabili mesi.
Nannerl contava i giorni che le precipitavano addosso, scanditi dal fischio del canarino; e precipitava in un vortice. La stanza le girava intorno, avvitandosi, e la trascinava giù; diventava un imbuto e, in questo imbuto irresistibili sensi sopiti si risvegliavano.
La sensibile Nannerl vi si abbandonava, tornando con la mente al passato ancora prossimo. Ricordava la stanza in cui si erano intrecciati i vagiti delle nascite ai vagiti musicali dei due fratelli, i primi pasti e le allegre defecazioni in comune, i giochi infantili e i primi sguardi reciproci. Un’esistenza che fluiva.
Quella casa non grande sembrava non avere segreti. Le curiosità, e anche i più impetuosi risvegli dei sensi, svanivano nella muta severità dei comportamenti familiari. I corpi si svelavano e si nascondevano. Tentavano. Il nudo s’intravedeva per la durata di un lampo. Lacci erano pronti a coprire la pelle sudata nei mesi della canicola, livida nel freddo invernale.
L’idea, la paura del peccato aveva scavato dentro i genitori dei piccoli Mozart lasciando indelebili marchi di fuoco. La paura del peccato era la schiena dritta dell’ordine in quella casa, in quella casa soffocante, una dimora appena dignitosa, simile a tutte le altre in quei tempi, carica come una polveriera di inesplose emozioni.

Nannerl e Wolfi, Wolfi e Nannerl. Lei aveva fatto da sorella maggiore, da maestra e da unico modello di donna; lui era stato fratello, piccolo amico della musica, bambino innamorato. Quattordici anni passati insieme. Quattordici anni di viaggi, trasferimenti, partenze e arrivi, e di giochi al cembalo, al violino, sugli spartiti.
Poi, all’improvviso, con l’effetto di una valanga, la partenza di Wolfi per l’Italia, mesi di lontananza, le lettere, il vuoto violento più di una catastrofe. Nannerl se ne accorgeva ogni giorno che passava, e ogni lettera era una fitta atroce. Wolfi era lontano, troppo lontano per farsi voler bene e proteggere. Le mancava. Le mancavano quelle opportunità che le erano state tolte senza spiegazioni: il viaggio, la felicità di un’avventura da fare ancora una volta insieme, i concerti, gli umori e gli applausi del pubblico, le feste. Nulla poteva ripagarla. Vedeva una cosa sola davanti a sé. Un orizzonte senza luce, la linea disegnata dal padre Leopold, in un giorno infausto e triste come un funerale.
Il canarino che cantava e che sembrava lampeggiare tra le note sguardi di sfida nella sua direzione, ecco cos’era: una specie di simbolo irridente di quel che le era toccato. Vivere fra quattro mura. L’Italia, Napoli, quel paese e quel viaggio che facevano venire l’acquolina in bocca, restavano – a solo pensarli – parole e segni sui libri e sulle carte geografiche che Nannerl aveva consultato. Carte chiuse con rabbia, destinate a prendere polvere. Come la sua fantasia.

Indice

7 Scrivimi come sta il canarino
15 Amori bambini
25 Una giraffa asburgica
35 Le ambizioni dell’indegno
45 Gabbie d’usignoli
55 L’Imperatrice
65 La bella dimora
75 Il piccolo stregone
85 Galloni d’oro
95 Trasferirsi?
105 Servitore per passione
115 Verso Parigi
125 I Luigi dopo il Re Sole
135 Mediocrità
145 Tra le braccia della città
155 C’è paura dell’amore
165 La grande festa
175 Un re spilorcio
185 Due rive del fiume
195 Il corridore
205 La valigia delle lingue
215 Verso l’orizzonte
225 Uova di formica
235 Sterline per una cieca
247 Ringraziamenti
251 Bibliografia

L’autore
ITALO MOSCATI, sceneggiatore, regista e scrittore, insegna Storia delle comunicazioni di massa all’Università di Teramo. Tra i suoi ultimi volumi, ricordiamo Sophia Loren. La storia dell’ultima diva, edito da Lindau nel 2005, e Le scarpe di Jack Kerouac, Anna Magnani e Vittorio De Sica, editi da Eri-Ediesse.

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