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di Carlo Delfrati
da 'ScuolAmadeus' di Agosto 2004
L'adulto che guida in visita i bambini alle sedute parlamentari rimane facilmente scandalizzato per la scarsa attenzione che deputati e senatori dedicano agli interventi in aula dei loro colleghi: come testimonia di quando in quando la rubrica lettere al quotidiano. Il nostro adulto si mostrerebbe più comprensivo se andasse a leggere da vicino quello che in Parlamento spesso si dice e si scrive. Sarebbe difficile infatti stare ad ascoltare una Proposta come quella depositata alla Camera il 1° aprile scorso senza immaginare di trovarsi catapultato dentro un film di Aldo Giovanni e Giacomo. Firmatari, ben quarantatre deputati. Per disciplina di partito, in fila per due, col resto di uno. Quarantatre deputati improvvisamente si riconoscono "colpevoli per aver sempre mantenuto vivo il peccato di omissione nei confronti della musica".
Detto così, e ascoltato distrattamente, il pentimento sembra salutare e promettente a chi ha a cuore le sorti della musica nel paese. Il richiamo al "patrimonio storico della nostra cultura" può solo molcere i cuori dei musicofili, anche se non capirebbero perché limitarlo al melodramma: dove sarebbe anzi "è la differenza di pensiero [di pensiero?] rispetto alle altre culture musicali europee", recita la premessa. Ma trascuriamo le forzature storiche, come l'altra, della barocca "fioritura dei conservatori di Venezia e di Napoli, spesso sorti a totale carico dello stato". Se serve alla causa, ben venga qualche innocua fola. Quel che conta è che davvero c'è bisogno di dare all'educazione musicale scolastica una consistenza ben più solida di quanta non ne abbia oggi.
E allora leggiamo le soluzioni avanzate dai Quarantatre. Magari cominciando dall'Art. 11, intitolato "Soppressioni". Eccolo: "1. Nel ciclo ordinario di scuola secondaria di primo grado è soppressa la cattedra di educazione musicale. 2. Sono soppresse le scuole medie sperimentali a indirizzo musicale." Che si tratti d'un pesce d'aprile, vista la data di presentazione? No, perché una bella alternativa è pronta nell'Art. 8: i ragazzi fra gli 11 e i 14 anni potranno frequentare un "istituto musicale e coreutico" a cui si accede "mediante una prova d'ingresso, mirante a comprovare una conoscenza elementare della didattica [sic!] musicale e a verificare le necessarie attitudini e la predisposizione naturale allo studio della musica". Già che ci siamo, proponiamo ai Quarantatre una postilla, che dovrà essere necessariamente lunga: perché non riservare l'insegnamento dell'italiano a chi riveli doti letterarie, o la geometria a chi abbia il bernoccolo della matematica? I nostri si aggrappano al "principio costituzionale della libertà di scelta". Scelta di chi? Del cittadino o dell'autorità costituita? Nel giro degli educatori, musicali e non, si credeva che il bisogno fondamentale fosse quello di assicurare a ogni cittadino il diritto di accedere alla cultura musicale, perché è una delle "intelligenze primarie", uno dei "saperi fondamentali" dell'uomo. I Quarantatre ci spiegano che è sbagliato: la scuola deve solo occuparsi di chi abbia attitudini. E per chi mostri di averne, ecco allestita una sontuosa ascesa al Parnaso: viene accolto a tre anni, nella scuola dell'infanzia, condotto per mano nella nuova primaria, dove gli si spreme una prima "alfabetizzazione vocale e sonora" alleggerita da "fondamenti di danza", e lo si fa planare, alla fine, sulla "denominazione dei suoni" iniettandogli un'adeguata dose di "solfeggio vocale".
Il percorso è chiaro e lineare, com'è chiara la meta. Da questa secondaria di primo grado si accederà al tanto chiacchierato e ancora fantomatico Liceo musicale e coreutico, e da questo al Conservatorio. Con qualche "soppressione" anche qui, che riguarda le scuole di canto solistico, canto corale, direzione corale, arte scenica. Che se ne fa del canto corale un pianista, un violinista, un compositore? E come si può pensare che siano capaci di insegnare quelle cose gli sfaccendati docenti che oggi siedono nelle relative cattedre di Conservatorio? Quegli insegnamenti siano d'ora in poi affidati "alle fondazioni degli enti lirici, ai teatri di tradizione e a tutti gli eventuali [sic!] enti teatrali minori esistenti sul territorio", nonché ai "festival e alle altre strutture permanenti di produzione di spettacoli operistici". Ecco spiegato a cosa serviva l'appiglio al "grande patrimonio storico della nostra cultura": "è un patrimonio che produce ricchezza [...] ricchezza sonante, concreta, attiva e in entrata nel nostro Paese a fronte di nessuna voce passiva in uscita".
E' qui dunque che il Governo è sollecitato a investire risorse, altro
che nei bamboleggiamenti dell'educazione musicale della moribonda scuola media.
E' giunta l'ora di restituire alle platee italiane e mondiali non più
solo Un giorno di regno o Chiara e Serafina, ma anche i capolavori da troppi
lustri in attesa di rinascere, L'Armida di Michele Mortellari, Le donne curiose
di Emilio Usiglio, L'Ebreo di Giuseppe Apolloni. Senza contare le frotte degli
operisti potenziali: i talenti in attesa che si spalanchino per loro i santuari
didattici sognati dai Quarantatre. Scandalizziamoci del malcostume di certi
parlamentari. Ma prima ancora supplichiamoli di non perdere il loro costoso
tempo dietro le gag da film balneare.
La proposta di legge intitolata "Disposizioni per il riordino della didattica
musicale del Sistema dell'istruzione nazionale", n. 4872, si trova sul
sito www.istruzione.it
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