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di Oreste Bossini
da "ScuolAmadeus" di gennaio 2000
Musica per tutti
Sono 500 in tutta Italia le scuole medie che per decreto ministeriale dell'agosto scorso offrono corsi di musica di cinque ore settimanali in orario scolastico. Gloria e limiti di un'iniziativa importante.
In mezzo al chiasso generato negli ultimi tempi dalla controversa riforma del Conservatorio, è passato quasi inosservato un decreto del Ministero della Pubblica Istruzione, promulgato il 6 agosto scorso, che ha trasformato l'insegnamento di uno strumento musicale nella scuola media da esperimento didattico in corso istituzionale. Questo atto del governo, forse destinato a lasciare un'impronta profonda nella cultura musicale del nostro paese, ha promosso una sperimentazione iniziata nel 1975. Allora le scuole medie a indirizzo musicale erano 18, oggi sono circa 500, per un totale di circa 2.000 posti di lavoro.
La vertiginosa salita del grafico d'espansione rende bene l'immagine del successo. L'idea di offrire un'educazione musicale non solo di tipo teorico o storico, ma fondata su un rapporto concreto e personale con la musica ha conquistato non solo le famiglie, ma anche l'istituzione. La commissione incaricata di redigere l'indagine sui risultati di questo lungo periodo di prova, ascoltando il parere di numerosi presidi, ha verificato che l'insegnamento della musica ha ottenuto risultati importanti nella formazione degli alunni. Sembra un'inezia, ma ci sono voluti 25 anni per arrivare a concepire un'idea, che supera la sprezzante diffidenza della cultura italiana, storicamente chiusa verso la pratica musicale. Da oggi, imparare a suonare uno strumento è considerato dalla scuola qualcosa di più profondo che un semplice passatempo. Inoltre, cosa forse ancora più importante, il diritto di ricevere un'istruzione musicale non è più riservato solo a chi possiede un talento particolare, ma è riconosciuto per tutti.
La distribuzione dei corsi a indirizzo musicale corrisponde a una geografia culturale eterogenea, qual è quella italiana. In molti nel Mezzogiorno la scuola rappresenta l'unico luogo di attività musicale della zona e diventa così un punto di riferimento per i ragazzi anche dopo il ciclo di studi, e anche per i musicisti messi a spasso dal Conservatorio. Non stupisce quindi di trovare più sezioni ad Avellino (7), Bari (17), Reggio Calabria (7), che in città importanti del nord come Bologna (6), Torino (3) o Venezia (6). Il fatto che le scuole di Bolzano o Trento non abbiano istruito nemmeno un corso non dipende da scarso interesse per la musica, ma dall'esistenza di un tessuto sociale e culturale che provvede già a mettere i ragazzi a contatto con uno strumento.
Il riconoscimento legislativo è un'occasione irripetibile per radicare nella cultura italiana l'educazione musicale. Il decreto stabilisce infatti che ciascuna classe sia ripartita in quattro gruppi di allievi, ciascuno per un diverso strumento musicale. In questo modo si promuove quello che è già oggi in pratica considerato il veicolo principale di apprendimento, ossia la musica d'insieme. Oltre le due ore già previste dall'ordinamento generale per l'educazione musicale, l'allievo ha a disposizione il tempo per l'istruzione individuale dello strumento, per la pratica musicale d'insieme e per l'insegnamento della teoria e lettura della musica. Tradotto in cifre, questo significa un cumulo di cinque ore settimanali dedicate alla musica. Mai era stato previsto un simile impegno formativo per la musica dalla scuola italiana. Non tutto però è rosa e fiori. La legge mette in mano alle scuole uno strumento educativo potente, ma non è ancora in grado di formare un personale didattico in grado di sfruttare appieno le grandi possibilità aperte dal decreto.
Le persone che escono dal Conservatorio non sono preparate per un compito che richiede una prospettiva molto lontana dal loro tirocinio scolastico. Senza una mentalità adeguata e una lunga esperienza alle spalle, non è facile trovare un equilibrio tra la corretta didattica strumentale e l'esigenza di formare un rapporto con la musica non rivolto al professionismo. L'altro punto debole del sistema scolastico è la totale mancanza di educazione musicale nel ciclo primario. Questo è ancora un buco nero, apparentemente destinato a rimanere tale.
In ogni modo la scuola ha compiuto un gran balzo in avanti, formando persone per le quali il mondo della musica non sarà una giungla selvaggia di suoni incomprensibili. Forse una parte del merito andrà anche alle genti che arrivano qui da paesi lontani, con il loro ricco bagaglio di sensibilità musicale appreso fin dalla nascita. Come quel ragazzino dell'Azerbajan - secondo il racconto di un'insegnante di una di queste classi - che un giorno, dopo aver finito di suonare il violino di gran lunga meglio d'ogni altro compagno, commentava, storcendo il naso: "Oggi avevo proprio un brutto suono".
Milano: il caso di via Vivaio
A Milano è ancora conosciuta come la "scuola dei ciechi", ma da parecchi anni ha una fisionomia molto diversa. La Scuola Media Statale per Ciechi rappresenta un caso unico tra le tante scuole a indirizzo musicale, perché è l'unica in Italia a prevedere l'insegnamento dello strumento per tutti gli alunni. La storia particolare di questa scuola, nata sulla specifica esigenza di integrare l'educazione dei ragazzi non vedenti, ha spinto a sviluppare molto la didattica non solo della musica, ma anche di altre discipline creative. Questo piccolo villaggio scolastico, mantenuto e arricchito di iniziative dall'entusiasmo di genitori e insegnanti, ha raggiunto un successo notevole.
"Ogni anno " racconta la preside Eliana Pacchiani "le domande d'ammissione sono il triplo dei posti disponibili. Siamo costretti a operare una selezione, attraverso l'esame attitudinale. Capita di dover rifiutare ragazzi che potrebbero essere ammessi tranquillamente in Conservatorio. Abbiamo tre sezioni, per un totale di circa 200 alunni, di cui 22 con problemi di handycap. Potremmo aumentare la popolazione, ma riteniamo che il nostro progetto educativo non sia adatto a una scuola troppo grossa. Qui si presta molta attenzione, secondo la vocazione di questa scuola, al laboratorio di applicazioni tecniche, alla pratica musicale, all'educazione fisica. I risultati sono stati notevoli, come dimostra anche il riscontro che riceviamo dai licei e dagli istituti dove poi vanno i nostri allievi..".
Nelle aule del monumentale edificio, cui non guasterebbe una mano di vernice, i ragazzi imparano a suonare pianoforte, chitarra, flauto, clarinetto e violino, oltre a fare pratica di coro, per un totale di 11 docenti di strumento e 2 di educazione musicale. Il momento culminante della vita artistica della scuola è rappresentato dallo spettacolo di fine anno delle classi di terza, che scrivono i testi e le musiche, preparano le scene e i costumi, interpretano i personaggi ed eseguono le partiture. L'anno scorso, al Teatro Parenti, 60 alunni hanno messo in scena Pecore nere. L'attività musicale ha coinvolto anche i genitori, che ritornano a scuola di sera per formare un loro coro e per seguire un corso di cultura musicale per adulti.
Il laboratorio di musica è dotato di mezzi vergognosamente modesti (una tastiera, piccole percussioni, un solo computer, protetto come un panda e dotato di un programma per la scrittura musicale), ma animato da un commovente spirito d'iniziativa da parte degli insegnanti. "Stiamo cercando di convincere una banca " spiega Silvano Pasquini, insegnante non vedente di educazione musicale "a metterci in condizione di installare un interfaccia sonoro sul computer. Per un non vedente l'informatica è un mezzo straordinario di apprendimento, anche se c'è ancora la tendenza a considerare in modo eccessivo l'aspetto grafico a scapito delle altre possibilità. La nostra maggiore carenza, per insegnare musica a ragazzi non vedenti, è reperire il materiale didattico. Siamo costretti a fare da soli le trascrizioni in Braille, in modo del tutto artigianale e volontaristico. Perché gli editori non aumentano di dieci lire il prezzo di ogni libro, per permettere anche a noi di avere uno strumento indispensabile per studiare?".
La preside Pacchiani, intanto, medita di dare una struttura più solida all'esperienza della scuola. "L'educazione musicale dovrebbe cominciare già dalla scuola materna. Un tempo, il Convitto aveva anche la scuola elementare, che non è stata soppressa, ma per così dire congelata. Con l'entrata in vigore dell'autonomia, vorrei formare almeno una sezione elementare con le caratteristiche della sperimentazione che abbiamo creato qui. In futuro, con l'estensione del periodo dell'obbligo, forse potremmo anche pensare a qualche forma di collegamento con il ciclo superiore". Genitori, attenti! La gara per entrare nella scuola di via Vivaio potrebbe cominciare molto prima del previsto.
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