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Due chiacchiere sulla questione della musica e della politica.
di Antimo di Geronimo
Vado predicando da tempo che lo stato di degrado in cui versa il comparto musica, Ed.musicale nella scuola secondaria in testa, è dovuto non tanto al disinteresse dei nostri decision makers, quanto alla defezione politica dei diretti interessati, e cioè degli stessi musicisti.
Quando poi si parla di apoliticità dell'arte si chiarisce ulteriormente il concetto: " La musica è apolitica - io sono un musicista - ergo non devo occuparmi di politica". Il tutto condito da luoghi comuni del tipo: "Un artista è cittadino del mondo"; " La musica è un linguaggio universale" (e qui cedo la parola a Maurizio Disoteo), "La politica è una cosa sporca" ecc.ecc.
Mi dissocio totalmente da queste affermazioni dogmatiche, pure largamente accettate. In primo luogo un artista non è affatto cittadino del mondo, ma è figlio del contesto in cui è nato e cresciuto e in cui paga le tasse. In secondo luogo la musica non è affatto un linguaggio universale: basti pensare alle enormi difficoltà che si incontrano nella musica d'insieme in generale (ci si scanna molto spesso per una frase, un'articolazione ecc.). Infine, ma non ultimo, la politica non è affatto una cosa sporca: la politica altro non è che una tecnica inventata dagli uomini per contemperare i diversi interessi.
E' evidente che fino a quando i musicisti si disinteresseranno dei loro
interessi, magari facendosi scudo con i luoghi comuni che ho appena esposto, gli altri
continueranno a badare ai loro senza preoccuparsi dei nostri.
D'altra parte come si può pretendere che un burocrate, che non sa distinguere una terza
maggiore da una quinta giusta, possa per lo meno intuire che i nostri studi abbiano un
qualche valore in termini di sviluppo cognitivo?
Pensate a Berlinguer: ad iniziative come il laboratorio, alla riconduzione ad ordinamento
delle scuole sperimentali a indirizzo musicale, alla tanto chiacchierata giornata della
musica.
Ebbene, la scuola sopporta da molti anni una politica di tagli al personale: Berlinguer nel comparto della sperimentale ha tirato fuori dal limbo del precariato qualcosa come 1960 cattedre. E sapete perchè? Perchè da ragazzo ha studiato musica. Figuriamoci se tra qualche anno dovesse entrare a regime la possibilità di accedere alle carriere direttive per i diplomati di conservatorio! Immaginatevi un Sergio Scala diplomato in pianoforte, un Remo Di Lisio diplomato in composizione, un preside di una scuola a indirizzo musicale diplomato in oboe,un direttore di assessorato alla cultura diplomato in canto e chi più ne più ne metta. Solo allora ci potrà essere una reale valorizzazione della musica nel nostro paese.
Non prima. E tutto questo passa per la politica. Badate: ora lo strumento
esiste e si chiama Cnam.
Sarebbe un vero peccato se i giochi di potere tra le forze in campo per la tutela degli
interessi corporativi dovessero prevalere rispetto agli interessi della maggioranza dei
musicisti e degli artisti.Primi fra tutti gli operatori della secondaria, umiliati da
troppo tempo con discriminazioni intollerabili rispetto ai docenti delle altre discipline.
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