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Scala, la Turandot dell\'Expo è un successo: 11 minuti di applausi per la prima volta di Chailly

Pieno successo per Chailly, alla sua prima opera da direttore principale del teatro, un vero trionfo per il soprano Maria Agresta (Liù). Il premier Renzi sul Palco Reale: in apertura l\'Inno di Mameli

Pieno successo per Chailly, alla sua prima opera da direttore principale del teatro, un vero trionfo per il soprano Maria Agresta (Liù). Il premier Renzi sul Palco Reale: in apertura l\'Inno di Mameli

di Paolo Zonca

La Turandot alla Scala è finita come si sperava: pieno successo per Riccardo Chailly, alla sua prima opera da direttore principale del teatro, un vero trionfo per il soprano Maria Agresta (Liù), applausi per il tenore Aleksandrs Antonenko (Calaf) e per Nina Stemme (nel ruolo del titolo), buona accoglienza per il regista tedesco Nikolaus Lehnhoff, che aveva già portato ad Amsterdam nel 2002 lo stesso allestimento. Nella giornata delle proteste No Expo, dunque, in teatro c'è stato l'happy end per l'opera incompiuta di Puccini che sotto gli occhi del premier Matteo Renzi ha inaugurato l'Expo con il finale di Luciano Berio al posto di quello più noto di Franco Alfano.

Dopo che Turandot e Calaf si sono presi per mano, col corpo ancora senza vita di Liù sul palco, e la scena è stata invasa dalla luce, il pubblico si è entusiasmato, accogliendo lo spettacolo con 11 minuti di applausi. Dopo l'esecuzione dell'Inno di Mameli (questa volta solo musicale, col premier ad ascoltarlo concentratissimo in Palco Reale) la messinscena ha affascinato fin dall'inizio: grandi pareti rosse sormontate da balconi sui lati e una lunga passerella superiore percorsa da dignitari di corte. Sotto, il popolo di Pechino. I colori sono cupi - rosso scuro, nero e blu - a rimarcare il senso di claustrofobia che incombe sulla reggia, dominata dalla gelida Principessa che sottopone i pretendenti a enigmi impossibili da risolvere, pena la morte.

Nel primo atto la sua è una fuggevole presenza muta, ed è la dolce Liù (Maria Agresta), vestita con pantaloni larghi e casacca chiari e di foggia umile, a commuovere soccorrendo amorevolmente il vecchio Timur, padre di Calaf:  al soprano va l'unico applauso a scena aperta.  I ministri Ping, Pong e Pang hanno un look da clown: tute grigie rigonfie, capigliature punk e ciuffi ritorti. Nel secondo atto, durante il  terzetto in cui sognano di tornare nelle loro case lontane da Pechino, uno di loro si alza e, mentre rievoca i piaceri della vita, mostra su calendario che si apre a libro l'immagine di una pin-up con giarrettiera sexy. Gli altri due, distesi su seggiole rosse, leggono Repubblica eCorriere.

Turandot appare ed è un momento di grande impatto: ha fattezze maligne, non umane, ha un costume nero e il copricapo è un reticolo che la fa assomigliare a un grosso ragno.  Nella scena in cui sottopone Calaf agli enigmi ha in mano una lama rossa ritorta con cui tiene a distanza "lo straniero". È il momento di Nina Stemme, brava a dare alla Principessa una durezza e un crudeltà che piano piano si sgretolano. Nel terzo atto la scena non cambia: il terreno diventa solo più collinoso e qualche sprazzo di luce comincia a rischiarare la scena-prigione.

Aleksandrs Antonenko canta Nessun dorma in alto, dalla balconata. Bella la trasformazione di Turandot da principessa spietata a donna vinta dall'amore, contagiata dalla forza del sacrificio di Liù. Calaf la spoglia a poco a poco, le toglie la corazza, azzarda un bacio che lei respinge, fino a lasciarla indifesa, disarmata, e aperta al sentimento che sta crescendo in lei. L'opera finisce nella luce, ma senza trionfalismi, esaltando il legame fra amore e morte che era senz'altro nelle corde di Puccini. Giù il sipario, l'Expo è cominciata anche alla Scala.

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Fonte: www.repubblica.it

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