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Si deve investire in maniera strutturale sulla formazione degli insegnanti


di Laura Fusaro (insegnante nella Scuola Elementare, Vicenza) da SIEM Informazione di aprile 2000

Non senza entusiasmo e curiosità per il nuovo riordino dei cicli dell'istruzione, pensato e voluto dal ministro Berlinguer, non posso fare a meno di rilevare, con qualche rimpianto, come la scuola elementare si avvii, in definitiva, a congedare la riforma del '90 prima che la stessa abbia avuto occasione di dispiegarsi e di manifestare almeno le proprie potenzialità. Ho quasi l'impressione che si stia per mutare cornice a quella tela su cui Plasson, l'eccentrico pittore di Alessandro Baricco, intingendo il pennello nell'acqua del mare, ha abbozzato solo pochi tratti leggeri, destinati ad asciugare e non lasciar traccia.

La legge 148 del '90 e, ancor più, i Programmi didattici del 1985 non hanno trovato, in questi anni, diffusa ed efficace attuazione nella scuola, specie in relazione ad alcune discipline come l'Educazione al suono e alla musica. Se si escludono sporadiche ed isolate esperienze di valida applicazione dei programmi citati, tale educazione riveste, tuttora, i caratteri della episodicità e della frammentarietà poiché affidata a docenti sostanzialmente impreparati, o, in qualche caso, a personale specialista, esterno alla scuola che interviene in modo asistematico, non continuativo e, spesso, "astratto" rispetto all'ordinario curricolo. Il testo programmatico, assolutamente innovativo e pregevole nell'impostazione e nei motivi essenziali, non ha potuto rilevare fino in fondo la sua ricchezza poiché si è trascurato che qualsiasi riforma, per quanto valido e necessaria, stenta a decollare se mancano docenti preparati e disponibili ad attuarla. Si è avuta, probabilmente, una visione esageratamente ottimistica della costituzionale capacità dei docenti ad adattarsi e a "reiventarsi" in rapporto alle novità e ai mutamenti del contesto; si è puntato troppo sulla buona volontà e non si sono realizzati i necessari investimenti nel settore della formazione.

Dopo le prime iniziative di aggiornamento promosse dal Ministero della Pubblica Istruzione nell'ambito del "Piano pluriennale di aggiornamento", peraltro di discutibile efficacia se si pensa che nel "pacchetto formativo" dedicato ai cosiddetti "Linguaggi non verbali" all'Educazione al suono e alla musica erano riservati miseri moduli di 12 ore, abbiamo assistito ad un autentico vuoto istituzionale. Gli insegnanti della scuola elementare sono stati lasciati soli nell'attuazione del programma ministeriale nell'errato convincimento che la musica potesse essere insegnata da tutti i maestri, tanto che l'avevano sempre "fatta", sia pure sotto forma di "canto", e che non fossero necessarie competenze particolarmente elevate o, comunque, specifiche. Così, mentre ci si è posti, correttamente, il problema di formare i docenti di lingua straniera, non ci si è preoccupati di fare altrettanto per le "educazioni" che al di là e al di sotto delle più illuminate dichiarazioni di principio sulla pari dignità delle discipline, hanno seguitato a vivere situazioni di marginalizzazione all'interno del curricolo della scuola elementare. Né poteva e può ritenersi risolutiva la formula della multi-disciplinarietà, invocata da qualcuno quale "zattera" atta ad aggirare lo scoglio dell'impreparazione, che possa condurre, come recita la Premessa generale dei programmi, dal predisciplinarismo tipico della scuola dell'infanzia all'emergere di ambiti disciplinari progressivamente differenziati, occorre, a mio parere, promuovere dei docenti l'acquisizione di competenze disciplinari solide, così da porli in grado di far dialogare autenticamente tra loro le discipline anziché limitarsi ad accostarle o giustapporle. Tale necessità di competenza disciplinare è emersa di recente, in occasione del concorso magistrale ordinario attualmente in fase di svolgimento, con la scelta operata un po' a sorpresa dal ministro di assegnare ben due tracce sulle tre proposte ai candidati, a due diverse discipline del curricolo elementare: le Scienze e l'Educazione al suono e alla musica. Come era facile prevedere ben pochi aspiranti maestri si sono cimentati nello svolgimento del tema musicale e ciò conferma la sostanziale disabitudine a pensare tale settore come parte integrante della propria preparazione disciplinare e metodologico-didattica.

Con l'istituzione della scuola di base di durata settennale, accanto alla oramai cronica necessità di assicurare più elevati livelli di preparazione agli insegnanti, si profila l'esigenza di assicurare unitarietà al percorso formativo attraverso l'elaborazione di curricoli continui in verticale relativamente ai diversi settori disciplinari. Il problema è di non facile soluzione se si considerano le ragioni di ordine storico, istituzionale e programmatico che da sempre separano i diversi segmenti della scuola di base e che oggi, con un colpo di bacchetta magica si vorrebbero annullare. Ritengo tuttavia che l'esigenza di cui sopra possa essere favorita creando le condizioni atte a garantire una effettiva mobilità interna al settennio tra i docenti delle attuali scuola elementare e media e la formulazione di progetti integrati nei quali siano previsti interventi didattici di insegnanti non sulla base del principio sino ad oggi sacro ed inviolabile della titolarità riferita all'ordine, al grado, al biennio all'anno di appartenenza bensì in base alle specifiche competenze possedute.

Penso alla possibilità di costituire team integrati di docenti e alla opportunità di elaborare progetti sul modello di quelli previsti dalla vigente normativa relativa agli "istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media" e, in particolare, dalla C.M. 454 del 28 luglio '97. Tale circolare conteneva l'ipotesi di favorire un impiego integrato dei docenti, specialmente per quelle attività educativo-didattiche che rappresentano un'opportunità di arricchimento degli obiettivi di base (teatro, laboratori, iniziative extracurricolari) nelle quali "l'ordine di scuola di appartenenza dell'insegnante diventa fattore secondario rispetto alla capacità e attitudini professionali e personali allo spirito di iniziativa, alla specifica preparazione maturata attraverso l'aggiornamento e la formazione". È auspicabile che la flessibilità organizzativa, che è uno dei cardini su cui ruota il concetto stesso di autonomia didattica, si traduca, oltre che nel superamento del concetto rigido di classe e nell'articolazione della medesima in gruppi di apprendimento variamente costituiti in ragione degli obiettivi da perseguire, in un impiego più produttivo e mirato di risorse umane presenti nella scuola e, in primo luogo, dei docenti, chiamati a prestale la propria opera professionale in relazione a specifiche esigenze progettuali e metodologico-didattiche. Ciò postula ed esige un profondo cambiamento di mentalità da parte dei docenti stessi perché, superando paure ed atteggiamenti di "difesa del territorio" imparino a vivere la funzione loro assegnata nella varietà e ricchezza delle sue dimensioni e sfumature, a prescindere dai "luoghi" in cui sia richiesto di esercitarla.

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