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di Mario Luzzatto Fegiz
A un comune mortale per individuare un punto basta l’incrocio fra due rette. Per l’architetto Claudio Baglioni meglio usarne qualcuna in più di retta. Per sicurezza, per perfezionismo. Un’attenzione quasi maniacale a ogni aspetto dei suoi show che, negli anni, lo ha portato a essere il più versatile e generoso artista live del panorama italiano. Ed è stato lui stesso a creare una raccolta ragionata dei suoi concerti in 15 dvd (in vendita a 10,99 euro + il prezzo del quotidiano col Corriere e la Gazzetta), dei vari tipi di impatto e di spettacolo che ha offerto nei tempo al suo pubblico: dagli stadi stracolmi ai concerti in piccole località dimenticate. Alla base di ogni allestimento un ragionamento quasi sempre piuttosto sofisticato, con un perfezionismo difficile da dimenticare per chi, come noi, c’era.
Era dunque naturale che si partisse dall’impresa più vistosa: un dvd intitolato «Da me a te», quando l’Olimpico di Roma e San Siro di Milano ospitarono, sotto il segno di Baglioni, dei musical formato stadio, qualcosa che non si era mai visto prima. Un’immensa motrice entra nel prato dello stadio: rimorchia un colossale pianale che trasporta Baglioni e la band che cantano «Strada facendo». I 90 mila dell’Olimpico esultano. È l’inizio di «Da me a te», il monumento che Baglioni volle innalzare alla sua carriera, a Roma e ai mondiali di calcio, trasmesso da Rai2 con ascolti altissimi. L’operazione — complessa, costosa, ambiziosa e per molti versi geniale — consistette nel trasformare il repertorio di Baglioni in un kolossal formato stadio con gran finale a sorpresa: un giro della pista di atletica con la vecchia «due cavalli» guidata dall’amico Fazio. In uno dei suoi primi megaconcerti (a San Siro, diretta su Rai1 1985) Baglioni suonava da solo tutti gli strumenti.
Il top del minimalismo. L’esatto contrario di questo «Da me a te» che coinvolse uno staff di dimensioni incredibili. A quel concerto del 6 giugno 1998 c’erano 90 mila spettatori (83 mila i paganti; incasso 2 miliardi 400 milioni di vecchie lire), band di 6 elementi, più 5 fiati, 5 archi, 16 ballerine e 4 ballerini, 100 ginnaste del Coni, 200 diffusori audio per un totale di 400 mila watt. Doppia regia per mixaggio con 180 canali. Luci (di Pepi Morgia, regista dello show, scomparso qualche anno fa) con 300 proiettori motorizzati, 24 citycolor per ottenere macchie di colore, 40 proiettori, 10 luci stroboscopiche, 28 macchine per fumo, 6 spot cinematografici. Diciotto giorni di lavorazione, 700 persone nella produzione, 20 autoarticolati per il trasporto del materiale, 15 gruppi elettrogeni, 250 persone di controllo agli ingressi. Un palco a centrocampo a forma di stella polare a 4 punte per una superficie di 1.200 metri quadrati con 4 pedane semoventi.
Dimenticata la formula statica del recital, Baglioni creò un effetto per ciascuna canzone. Per «Acqua dalla luna», volteggiava col mantello grigio metallizzato tipo mago che usava nel «Tour Rosso» (dvd numero 2 in uscita il 28 maggio), con due illusionisti al fianco e ballerine con lunghi veli; per «Notte di note» luci abbacinanti e le ginnaste del Coni in tuta bianca a far coreografia coi loro cerchi; per «Domani mai» i ballerini con bastoni e parrucche blu e costumi rossi che alla fine confinavano Baglioni in una gabbia; per «Uomini persi » il corpo di ballo con costumi di varia foggia forse per dar l’idea della varia umanità di cui è popolata la canzone, ginnaste bardate da vestali per «Tamburi lontani».
Un altro aspetto di questo musical da stadio fu la ristrutturazione musicale di molti classici: chitarra (e non più pianoforte) per «Avrai», fiati per «Tamburi lontani», entrambi per «Noi no» e «Le vie dei colori » (con Baglioni al tamburello). Il cantautore sorprese poi col medley di grandi successi («Amore bello», «E tu», «Solo», «Io me ne andrei», «Sabato pomeriggio», «E tu come stai?») eseguiti sulla due cavalli gialla e nera della sua gioventù al fianco di Fazio a spasso per lo stadio, con la riscrittura minimalista per organetto di «Questo piccolo grande amore» eseguita al termine dei bis mentre dal palco partivano verso il cielo centinaia di palloncini rossi. Inoltre per «Bolero» si è fatto accompagnare alla chitarra dal figlio Giovanni.
In quell’occasione Baglioni confermò la capacità di essere allo stesso tempo cantante rock, manager, cantante popolare e cantautore. Nessuno dei suoi colleghi si è mai potuto permettere una così lunga stagione di stadi. Sul palco, nelle canzoni e in tv con Fazio ha dimostrato di essere molto più di un cantautore: un versatile comunicatore, un poeta dell’angoscia contemporanea. Che piace a vecchi e giovani, di destra e di sinistra, romani e non.
Fonte: www.corriere.it
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