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Una tecnica in musicoterapia: la composizione assistita


di Rosa Maria Sarri

Per interrompere i precedenti quattro appuntamenti “teorici” sulla musicoterapia in questo sito, vorrei raccontare di un’esperienza “pratica” vissuta e condotta da me in prima persona. Si è svolta nell’arco di pochi mesi (novembre 2004-marzo 2005) in una scuola elementare di una direzione didattica di Empoli. Il piccolo percorso è stato fatto con una sola classe, una quarta elementare, ad integrazione di un cammino musicoterapico di tipo diverso. La tecnica utilizzata è quella della “composizione assistita” o “canzone creativa”, che, come tutte le tecniche musicoterapiche, viene personalizzata da chi la utilizza con le peculiarità ritenute valide dal contesto, dal momento e dal musicoterapista stesso. In una sola parola: i ragazzi di questa classe hanno composto e realizzato un cd con 6 canzoni.

Tutto è partito con la creazione a quattro mani di una canzone: “Francesco va alla fiera”. La canzone era naturalmente “cucita su misura” dell’autore, un bimbo con un piccolo disturbo cognitivo. Le frasi sono ripetute due volte e le strofe anche, onde contrastare eventuali piccoli problemi di memoria.
La linea melodica è molto semplice e l’accompagnamento essenziale: strofa e ritornello hanno due accordi per uno, senza rilanci o bridge. In pratica una struttura canzone semplice e ridotta ai minimi termini. Il bimbo ha intrapreso subito con entusiasmo questa attività. Non solo ha composto le parole ed una parte della musica con un piccolo aiuto, ma non ha avuto nessun problema a richiamare e ricordare la canzone durante tutto il percorso (sebbene questa non sia stata fra i brani incisi poiché trattata da demo per l’attività).

Vista l’applicabilità della metodologia al contesto ho deciso di proseguire il tutto ponendomi alcuni vincoli (non permanenti però) sui quali ricercare: l’accettazione di ogni tema che sarebbe stato lanciato; la presa in carico di una cosa molto particolare, sia in musica e musicoterapia che in prosa, quale “la ripetizione” o “ridondanza” (temi musicali, parole, termini, etc….etc….); l’emotività dell’attività stessa; il coinvolgimento ed il grado di apprezzamento dei ragazzi nei confronti di questo “nuovo gioco”; l’eventuale generazione spontanea di fenomeni di composizione creativa autonomi. Non ho trascurato neppure il lato sociale dell’attività: la mia osservazione si è rivolta anche a notare quanto ed in che modalità i ragazzi affrontavano questo gioco in gruppo.

Ma torniamo alla descrizione del percorso che è proseguito con la composizione di canzoni (parole e musica) da parte di piccoli gruppi o dell’intera classe. Il tutto effettuato una volta la settimana durante l’orario scolastico e su mia sollecitazione. Il processo compositivo avveniva in un ambiente del tutto informale e molto amichevole. Io e l’insegnante di sostegno partecipavamo ad una discussione intavolata per trovare il tema ed il titolo della canzone, discussione condotta esclusivamente dai ragazzi stessi. Gli argomenti attraversati sono stati molti; per fare alcuni esempi posso ricordare l’amicizia, l’estate che finisce ed i personaggi dei cartoni animati. Dopo, la naturale prosecuzione del lavoro, riguardava la maggior parte delle volte la stesura dell’intero testo. Altrimenti testo e musica venivano composti di pari passo.

Per quanto riguarda appunto la musica la realizzazione della linea melodica da parte dei ragazzi generava l’accompagnamento. Mi spiego meglio. Loro cantavano la melodia ed io li coadiuvavo accompagnandoli alla chitarra; nello stesso tempo il mio accompagnamento veniva scritto andando a far parte integrante del testo.
Tutto questo senza tralasciare l’estetica compositiva, la poiesis di ogni singola canzone, senza alterarne per questo forma e contenuto. Per esempio, a volte, ho solo suggerito il genere o la ritmica del brano composto. Naturalmente il lato canoro del prodotto finale, ossia del cd, non è stato molto curato volutamente, sia per il lasso temporale ristretto (dovuto ad un inconveniente sopraggiunto a metà strada) che per la scelta di dare importanza ad altre angolazioni.
Questo songswriting effettuato dal vivo, sul campo, era ridotto ai minimi termini volutamente. Si giocava con i testi, con le parole e con le note usando degli strumenti rintracciabili ovunque e maneggiabili da chiunque: una chitarra acustica di media qualità, carta, penna, piccole percussioni (eventualmente in aggiunta come accompagnamento allo strumento principale), le voci e poco altro in più.

Già al secondo appuntamento era ben evidente la maggior disponibilità e spontaneità dei ragazzi a questo lavoro, che in prima istanza li aveva sorpresi e lasciati interdetti. Non di minor rilievo era l’indipendenza ed autonomia del gruppo, che aumentava via via. C’erano ragazzi che partecipavano di più e ragazzi che partecipavano di meno ma tutti hanno contribuito con la loro creatività. Durante gli incontri finali la linea di conduzione mia e dell’insegnante di sostegno si confondeva e quasi spariva con la fantasia dei ragazzi. Argomenti di tutti i tipi venivano citati. Frasi “più coinvolgenti” lasciavano il posto a “giochi di parole” e “facezie” almeno solo apparentemente meno “interessanti”.

Una volta che è stato raggiunto un numero ragionevole di brani per una piccola incisione dimostrativa ho proposto la realizzazione di un cd.
Anche questo affrontato con bassa tecnologia. I booklets dei cd sono stati realizzati dai ragazzi, il tutto è stato confezionato in bustine portacd di nylon (molto più economiche dell’abituale custodia in plastica). Le registrazioni dal vivo in classe sono state effettuate con un minidisc ed un microfono. Sono state poi riversate su computer e appena ritoccate con un editor audio open source (agilmente scaricabile da internet da tutti senza necessità di licenze od eventuale acquisto): audacity. Sono state equalizzate, sono stati applicati fade in e fade out artificiali e poche altre cose ancora. In un primo tempo, da parte mia, c’era l’idea di realizzare delle basi a computer, molto essenziali ed agili, grazie anche a dei loops freeware e dei programmi di gestione di questi. Poi, “grazie” ad un inconveniente riguardante altri ambiti ho preso in considerazione l’idea di ridurre al minimo indispensabile anche l’accompagnamento sonoro dell’incisione e quindi la sua trasformazione ed eventuale “snaturazione” da quello che era dal vivo rispetto a quello che sarebbe andato su cd. Nel piccolo album, oltre ad incisioni classiche, c’è anche un’incisione di una seduta di composizone senza tagli (un “making of” di 30/ 40 minuti circa), due remixes ed altre cose. Al termine del percorso si è verificato anche un altro fenomeno: i ragazzi componevano di loro spontanea volontà o mi portavano dei testi da musicare. Nel cd c’è anche uno di questi esempi.

Quindi, per ricapitolare citando i vincoli suindicati: l’accettazione di ogni tema che è stato lanciato è stata buona, sia da parte mia che dei ragazzi stessi, pochi sono stati i sintomi di impazienza o di non accoglimento; “la ripetizione” o “ridondanza” (temi musicali, parole, termini, etc….etc….) ha avuto una parte rilevante non qui agilmente sintetizzabile; l’emotività dell’attività stessa è sempre stata al centro dell’attenzione; il coinvolgimento ed il grado di apprezzamento dei ragazzi nei confronti di questo “nuovo gioco”; sono stati sempre molto rilevanti (la mia presenza, in quanto portatrice di questa piacevole attività, era costantemente richiesta); l’eventuale generazione spontanea di fenomeni di composizione creativa autonomi è stata rilevata a partire dalla metà dell’attività in poi. Il gruppo-classe molto guadagnava dallo svolgimento dell’attività, eliminando quasi del tutto inconsciamente alcune dinamiche distruttive che pregiudicavano la qualità della socialità (un esempio: i ragazzi hanno voluto darsi per ogni brano e per ogni gruppo che componeva e cantava un nome “di band”; non hanno però modificato il nome originale della classe che è stato poi il nome finale del gruppo). Naturalmente questa è solo una sintesi molto spiccia del percorso svolto, percorso che coinvolge molti altri fattori.

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